Il sesso della Neve

di Marta Santomauro

Amore mio, ho tante cose da dirti e poco tempo per farlo.
Questa voce in sottofondo cerca di saccheggiarmi l’attenzione, ma i minuti corrono e voglio stare solo con te.
Ancora non lo sai, ma il tuo primo giorno di scuola ti raccoglierò i capelli biondi in una lunga treccia. Ci perderemo almeno mezzora davanti allo specchio perché tu non starai ferma per l’agitazione e io continuerò a disfare e intrecciare cercando la perfezione.
Allaccerò uno a uno i bottoni del tuo grembiulino azzurro, fuori e dentro ogni asola, e indosserai le scarpette rosse che una volta erano mie.
Sarai una principessa il giorno in cui inizierai a conoscere il mondo.
Tornerai a casa disegnando arcobaleni e io ti insegnerò a metterci nuvole di zucchero filato intorno, come ho imparato dai cartoni animati degli anni Ottanta, quelli felici con gli orsetti profumati e senza pensieri.
Scordati i giocattoli di oggi, stupidi e maliziosi, sono utili solo a far crescere puttane.
Tu conoscerai l’ingenuità più assordante, perché dovrai sapere davvero cosa significa essere puliti e intatti.
Ci penserà tutto il resto a indurirti e devastarti.
Poi una volta ti comprerò un cappellino di paglia, con un enorme fiore arancio sopra, degli occhialetti da sole in plastica fucsia arrivati direttamente dalla Cina, e ti porterò al mare, con la macchina che sfreccia e i finestrini giù.
È una cosa della vita che non si può perdere, il mare, e non solo per l’acqua che non finisce mai.
L’odore del sole sulla pelle ti farà impazzire e mi costringerai a inseguire il vento per ore, correndo sulla sabbia umida, che alla fine non avrò più fiato e ti calmerò solo con un enorme gelato. Ogni volta che prenderai il gelato, lo vorrai alla nocciola e al pistacchio Leggi il resto dell’articolo

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Se low cost sono tutti i voli, se outlet sono tutti i negozi

low costdi Gianni Agostinelli

Se low cost sono tutti i voli, se outlet sono tutti i negozi, io allora penso che tutti vogliono essere come me che invece sono diventato con naturalezza ciò che sono e deduco che la strada è quella giusta. Non c’è consolazione migliore, come la pioggia la domenica mattina che sei nel letto e giri il cuscino, oppure la finestra illuminata sulla stazione alle tre di notte che tu per fortuna sei dentro il giallo della finestra e non sei scomodo nel vagone che vorresti essere ovunque tranne lì, va bene anche dentro quella finestra gialla lassù, dove sono io, che l’ho accesa per andare in bagno a fare due gocce.

Tutta quest’enfasi, la smania, vi fa sembrare pazzi. Non capisco per cosa si lotti. Dei momenti di bassa ce l’ho pure io, anche se sono una persona stimata e c’è pure gente, ho scoperto, che aspira a essere come me. Non sono un fuoriclasse ma sono nel gruppone dei primi. Si prende consapevolezza di determinate questioni un po’ alla volta.
Però ogni tanto pure io, dicevo, ho dei momenti di bassa. Questo mi capita quando c’è il periodo del calcio mercato che faccio i conti in tasca degli stipendi che si prendono i calciatori e vado in cucina, e per fare due parole lo dico a mio padre che invece dice Sono le undici. Così ho imparato a tenermele per me alcune riflessioni.

Io sono brutto, la mia ragazza è bella secondo me, quando si valorizza, però agli altri non piace. E siamo una coppia. E il sesso lo facciamo ma senza molto appetito e questo fatto di non essere bellissimi, diciamo, sommando, e di non avere particolare voglia di sesso fa sì che noi due siamo tagliati fuori da una fetta di mercato che parte dal vestiario e arriva agli abbonamenti satellitari, e quindi ci fa risparmiare dei bei soldi. Per fortuna che a noi piace poco il sesso e il pallone, e così secondo i miei calcoli si risparmia il 70% di quanto spende invece mio fratello che ancora insiste con il gel per i capelli e ce li ha rimasti solo dietro le orecchie. Per lui la vita è molto più dura.

Prima dicevo che ho dei momenti di tristezza perché quando non siamo nel periodo natalizio che per comodità faccio partire col primo giorno di dicembre e faccio terminare con la domenica che segue la Befana, oppure nel periodo della neve che così ci blocca tutti insieme e che spero possa durare, delle volte, anche due o tre settimane, ci sono, dicevo, gli altri periodi dell’anno che invece è più difficile non pensare. Esclusi i week end che per chi non lavora sono una benedizione così pensi che la settimana duri cinque giorni più due, anche se poi non è verissimo, nessuno fa niente. Insomma, se capito nel momento di mezzo in cui la gente non fa quello che faccio io, cioè magari vanno a lavorare e mi sembra che il week end non arrivi o che tutti i giorni siano dei martedì e io fisso le venature sulla porta del corridoio e il sole svetta e i quiz preserali che ci pareggiano tutti sono solo un sogno lontano, allora, appunto, ho questi momenti di tristezza che da un po’ tento di raccontare. E quando ci sono questi momenti a volte arrivano delle tragedie che capitano proprio a fagiolo. E quando ci sono delle tragedie, dei disastri naturali oppure drammatiche morti di persone importanti o drammatiche morti di una moltitudine di persone normali come potrei essere io, contemporaneamente, che così avvicinano ma non equivalgono il singolo morto importante, uno come me fa un respirone e dice di no con la testa e poi si mette a seguire queste tragedie. Siccome ne parlano tutti, ed è giusto in ogni momento farlo e dare soluzioni, o punti di vista, allora è come se questa sospensione temporanea del martedì lavorativo si trasformi in qualche ora d’aria. E quindi, bene o male, andiamo avanti.

Alta definizione

di Gabriele Merlini

Uno. Per cominciare ammettiamo di utilizzare in questa sede l’abusato escamotage di scrivere una recensione con il linguaggio proposto dall’autore del libro recensito, che sicuramente è ammiccante nonché un filo paraculo tuttavia non privo di:
a. Spunti acuti.
b. Brani buffi.
c. Riflessioni anche interessanti sulla figura del giovane disilluso e sensibile.

Due. Il tizio si chiama Adam Wilson e il libro Alta definizione (in originale Flatscreen), edito da ISBN. Stando al plot, spaccato della vita di Eli Schwartz che sarebbe un tardo-adolescente non realizzatissimo la cui esistenza cambia dopo l’incontro con un ex attore in sedia a rotelle chiamato Seymour Kahn.

Tre. Voce fuori campo: una madre «perfetta per la fotografia sgranata del cinema americano classico. Con i suoi completi da tennis bianchi e le sue mèche biondo platino» da unire a fratello vispo e figura paterna assente, sebbene non per colpa di un rapimento alieno (Wilson ci tiene a che questo venga specificato) ma banale decisione di andarsene Leggi il resto dell’articolo

Confessioni qualunque – 2

#2 – Alice

di Linda Caglioni

Che resti tra noi.
Però, che resti tra noi per davvero, che qui non si scherza. Se qualcun’altro lo sa mi prendono per pazza, mi fanno rinchiudere. Voi siete gli unici che sanno questo segreto.

Certo, diciamo che siete gli unici se non si calcola Artemide. Ma tanto di lei so di potermi fidare. Ciecamente. L’ho vinta nel maggio di due anni fa alle giostre del mio paese, e da allora siamo inseparabili io e la mia pesciolina rossa. Ogni giorno aspetta che io torni da scuola, le do il suo mangime preferito e intanto vuole che le racconti quello che ho fatto. Quando sente qualcosa di particolarmente strano o divertente smette di colpo di mangiare e mi fissa,come quando le ho detto che quel cretino di Diego ha fatto cadere la penna proprio sotto le gambe della prof di francese, e nel raccoglierla le ha guardato sotto la gonna, o di quella volta che ho preso una nota di merito perché durante la verifica di mate ho detto alla Manzotti che la Marika c’aveva i bigliettini. Leggi il resto dell’articolo

L’anello d’oro

Al principio c’è il sonno. Sento addosso uno strano senso d’inquietudine misto a paura. Spalanco gli occhi, respiro l’odore caldo del pomeriggio. Uscirei, ma il caldo è un nemico troppo grande per me. C’è un suono che continua a infastidirmi più del caldo, proviene dalla stanza attigua alla mia: dalla camera di mia sorella. Gli occhi volano su tutti gli oggetti sparsi per camera. Come sempre ordinata e pulita. Osservo con acutezza un poster dei CCCP, che sta alla base del mio letto, un residuato bellico del mio periodo da politicante. Dietro di esso si nasconde un buco. Uno dei modi per comunicare con mia sorella senza lasciare la stanza e senza urlare. Mi avvicino a carponi e scruto dalla fessura.
Il mio occhio vede due ragazzi nudi. Leggi il resto dell’articolo

Carta taglia forbice – 11

[Continua da qui]

Una grande città dell’Europa occidentale

– Gliel’hai detto?
– No.
– Perché non gliel’hai detto? Leggi il resto dell’articolo

Carta taglia forbice – 7

[Continua da qui]

Una grande città lontana dall’Europa occidentale

Lui.

Mi chiamo Michael, questo messaggio è per tutti quelli che si sono visti morire. Io conosco la morte e so che ha a che fare con l’amore e con il sesso e con la merda. Io conosco Bataille, ma ultimamente non riesco più a leggerlo. Mi fa cacare.
L’ultimo giorno di due anni fa ho calpestato una manciata di formiche che disegnavano una linea su due mattonelle del pavimento. Le ho calpestate con i piedi nudi e i corpicini minuscoli, quelle carcasse rigide come caccole, mi si sono attaccati alla pianta del piede destro, soprattutto, ma anche a quella del sinistro Leggi il resto dell’articolo

ContraSens – Dalla Keta alla Meta

Piccoli accorgimenti fonetico-sociali.

Le lettere che contraddistinguono i suoni della lingua romena, e che di conseguenza ne affilano la musicalità in senso specifico, in questi testi non hanno subito traslitterazione. A seguire, una breve guida fonetico-esplicativa per la loro lettura corretta:
Ă: una -a più gutturale, pronunciata con la parte anteriore della gola, a bocca mezza aperta.
Â: una -a gutturale che tende alla -i.
Ț: corrisponde ad una -z dura, come in pazzo.
Ș: corrisponde al suono -sc, come in sciare.
Buona lettura.

Dalla Keta alla Meta
di Mitoș Micleușanu
Traduzione di Clara Mitola

Forse suona arrogante, ma non ho più voglia di presentazioni! Sinceramente, in che senso presentazioni? Siamo presenti, e basta. Insopportabilmente presenti. O forse non è abbastanza snervante?

Comincio a scrivere questo testo con grande riluttanza… mi dispiace, non mi sono ancora ripreso dopo il ritiro definitivo di Vasilievici, così sono insensibile al capitolo “dinamica”. Mi sarebbe piaciuto parlare de “la mia prima nebbia” o “l’ultima boccata d’aria”, ma mi attesto sul fumo. Comincerò col tabacco, ma rapido, estremamente rapido. Il primo passo verso l’oscuramento dei polmoni l’ho fatto quando avevo sei anni, in campagna, nascosto dietro una cuccia di cane. Questo su spinta di un mio cugino dieci anni più grande di me. Basta col tabacco. Semplicemente non racconterò dei tentativi di rinuncia alle sigarette, del record di un anno senza fumo (adesso due) o della poetica della nicotina. Non ho voglia di roba del genere. Passiamo perciò alla prosa cannabinoide. Il primo passo verso l’oscuramento definitivo della mente l’ho fatto al primo anno di facoltà, a Cluj, con una compagnia quanto più possibile allergica alla luce. In effetti, come ho detto in altre righe, per me Cluj ha significato una sorta di scappatoia totale, lì ho visto per la prima volta i rockers rilassati, ben equipaggiati, capelloni seri con giacche di pelle dura, spillette e altri accessori. Ma, cosa fondamentale, senza comportamenti paranoidi. A Chișinău, durante i ’90, quando succedeva tutto questo, l’andare barcollando con i capelli lunghi arruffati non era visto di buon occhio, soprattutto al tramonto. Così anticipiamo… se esagero con l’uso dei “così” e di altre espressioni riempitive, esce anche a me un testo consistente. Più l’osservazione precedente, che è fissa. Tre righe di riempitivi, compresa la battuta forzata, con la rivelazione dell’intento riempitivo. Quindi quattro righe fino ad ora. Ma state a vedere che riempitivo ci metto alla fine. Leggi il resto dell’articolo