Via libris

sppas

Vi salutiamo per qualche giorno, dandovi appuntamento con le nuove pubblicazioni a partire, per evitare fraintendimenti, da martedì 2 aprile e lo facciamo con i libri da mettere nell’uovo suggeriti dalla sgangherata redazione di SP.
Buona Via Crucis, buona Pasqua ma soprattutto buone letture.

Scrittori precari

Scelgo tra i libri letti in quest’ultimo anno, e non posso che partire da Le monetine del Raphaël (Gaffi, 2012) di Franz Krauspenhaar. Krauspenhaar scrive con la tensione e la vitalità di un pugile che non ha tempo di ammiccare al pubblico, o ai giudici, perché se lo facesse l’avversario se lo papperebbe alla prima ripresa. In un panorama nostrano dove, purtroppo, il narcisismo abbonda – volontario o involontario – lo stile di Krauspenhaar è istruttivo a prescindere. Leggi il resto dell’articolo

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Potere alle storie – Liguori intervista Santoni

di Gianluca Liguori

Ho incrociato per la prima volta Vanni Santoni su myspace, era il 2008: incollava con costanza impressionante l’immagine di copertina e lo spottino de Gli interessi in comune su ogni bacheca; spuntava dappertutto.
Dopo esserci scambiati qualche mail e partecipato a un’antologia insieme, ci conoscemmo di persona, l’aprile dell’anno successivo, a una presentazione de Gli interessi in una libreria a San Lorenzo. Lo invitai – quella stessa sera avevamo un reading al Simposio – a venire a leggere un paio di brani insieme a noi. Così, dopo un kebab dal Sultano, Santoni e le sue storie conquistarono il pubblico di Scrittori precari. Quello che più lo sorprese fu la capacità di quattro autori sconosciuti di organizzare reading seguiti da un pubblico attento di trenta-quaranta persone; a Firenze, disse, era una cosa impensabile. Si finì, dopo la lettura, a tirar mattina, pub dopo pub, cercandone uno nuovo man mano che chiudevano, mentre si chiacchierava di New Italian Epic e Wu Ming, Saviano e Cosentino, blog e romanzi e scrittori e letteratura. Da allora, ogniqualvolta gli era possibile, Vanni era presente ai nostri reading. E così, quando Dimitri ideò Trauma cronico, lo volle nella banda, malgrado poi abbia potuto prendere parte soltanto a due performance. In questi anni di reciproche letture e continuo scambio di idee, oltre alle numerose collaborazioni, è venuto a crearsi anche un bel rapporto d’amicizia. E dal momento che i tipi di Tunué gli hanno affidato una nuova collana di narrativa italiana, ne approfitto per fare – in questo ultimo post del 2013 – una chiacchierata con lui per i lettori del nostro blog.

GL: Ciao Vanni, a che punto è la tua clonazione? Scrivi sul tuo blog che stai lavorando a tre romanzi, ad aprile esce il romanzo SIC e scrivi sul Corriere Fiorentino, su Orwell e su numerosi blog (SP, NI, MM). Quando dormi? Leggi il resto dell’articolo

“Alba di piombo”, Scrittura Industriale Collettiva – ultima parte

In vista della prossima uscita di In territorio nemico, aka “Grande Romanzo SIC”, continua la pubblicazione su Scrittori precari dei racconti scritti col metodo SIC, in una versione interamente revisionata e corretta. È oggi il turno della terza e ultima parte di Alba di piombo. Qui  potete leggere la prima parte e Qui la seconda. 

Versione scaricabile: Alba di piombo.

Alba di piombo (parte 3 di 3)

I

Gli ultimi chilometri sono sempre più carichi di tensione. Bartolozzi fuma le sue Nazionali, una dopo l’altra. L’abitacolo è saturo della nebbia delle sigarette, ma Bartolozzi non apre i finestrini. Dal canto suo, Fazzi non è quasi più in grado di parlare. È in preda a una crisi di panico; il sudore gli appanna gli occhiali. L’arrivo al casello lo solleva un po’:
– Meno male, è finita!
Il capo lo guarda torvo, mentre abbassa il finestrino per pagare il pedaggio:
– È appena cominciata, filosofino. Fra poco saremo alla fabbrica, e là ci saranno loro.
– Chiedo solo per sapere… Ma cos’è questa voce che Morodina… Vola?
– Chi te l’ha raccontato? Domeniconi, sicuramente. È l’unico che l’ha incontrato, oltre a me.
– Quindi è vero!
– E tu saresti un marxista. Laureato in filosofia, per di più. Ma schiavo delle suggestioni. Da quel che ne so, in Russia quello si occupava anche di illusionismo strategico. Creare scenari per ingannare i satelliti, aerei di cartongesso, mimetizzazioni di massa, finte basi, luci, specchi… Probabilmente si tratta di qualche trucco del genere.
– E invece, chi è quell’ingegnere, quello che innescherà l’ordigno? Leggi il resto dell’articolo

“Alba di piombo”, Scrittura Industriale Collettiva – seconda parte

In vista della prossima uscita di In territorio nemico, aka “Grande Romanzo SIC”, continua la pubblicazione su Scrittori precari dei racconti scritti col metodo SIC, in una versione interamente revisionata e corretta. È oggi il turno della seconda parte di Alba di piombo. La terza e ultima parte sarà pubblicata lunedì prossimo, 21 maggio. Qui potete leggere la prima parte.

Alba di piombo (parte 2 di 3)

II

Bastardo, pensa Francesco. Intellettuale di merda, pensa Gipo, e lo pensa in francese. Rettile maledetto, pensa Virginia. Qualcosa le dice che è ora di squagliare. Alza la testa, guarda Radovan:
– Torniamo a casa.
– Virginia, che hai? – chiede lui passandosi la mano tra i capelli.
– Torniamo a casa subito.
Francesco non replica. I tre camminano veloci per le strade di Bologna, a testa bassa. Virginia e Francesco davanti, seri, silenziosi. Gipo un paio di metri dietro. Mugugna.
– Che bella coppia… Complimenti davvero… Il Comandante e la sua figa ebrea! Quando passano per le vie di Bologna c’è da girarsi! C’è da ammirarli!
Francesco non risponde, del resto se quello è lì che li segue è soprattutto colpa sua. Virginia guarda avanti e non dice nulla; ogni tanto tira su col naso. Sta recitando tra sé una sorta di mantra pacifista. Leggi il resto dell’articolo

“Alba di piombo”, Scrittura Industriale Collettiva

In vista della prossima uscita di In territorio nemico, aka “Grande Romanzo SIC”, continua la pubblicazione su Scrittori precari dei racconti scritti col metodo SIC, in una versione interamente revisionata e corretta. È oggi il turno di Alba di piombo, che vista la lunghezza pubblicheremo in tre parti: le successive lunedì 14 e lunedì 21 maggio.

Scritto tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008, Alba di piombo è il terzo racconto SIC. Il racconto nacque dalla necessità di sperimentare il metodo SIC rispetto a una moltitudine di personaggi e luoghi, oltre che su una narrazione più lunga delle precedenti, e di metterlo alla prova con scene d’azione. Con simili premesse, capimmo che poteva essere anche l’occasione per divertirsi molto, così decidemmo che sarebbe stato un racconto ambientato negli Anni di Piombo, ma giocato interamente sugli stilemi del cinema d’azione americano di serie B.

Alba di piombo (parte 1 di 3)

Direttore Artistico: Vanni Santoni.
Scrittori: 
Marco Andreoli, Eleonora Dell’Aquila, Filippo Rigli, Luciano Xumerle, Marta Besio (solo Schede Personaggio), Giacomo D’Orlandi (solo Schede Personaggio)
Editing: Gregorio Magini, Vanni Santoni

Prologo

Il Dodge M-886 CUCV dell’esercito americano parte verso Aviano all’orario prestabilito. A bordo, un autista e un sottufficiale, giovani, di leva, di quelli che fino a qualche anno prima venivano spediti a crepare strafatti nella bassa vietnamita. Non c’è scorta: è un carico di materiali elettronici. Dalla base comunicano che una tratta di autostrada è chiusa. Per fare Firenze–Bologna devono prendere la statale.
Al crepuscolo, in mezzo al Mugello, la strada inizia a salire: a sinistra alberi fitti, a destra il baratro. Li ferma un semaforo rosso provvisorio, da cantiere. I due stanno parlando di quanto è buffo il motociclista con barba e occhialoni da aviatore d’altri tempi che si è fermato accanto a loro, quando una FIAT 125 li affianca a destra e un furgoncino bianco si ferma alle loro spalle. Il motociclista estrae un fucile a canne mozze da sotto il cappotto e lo punta verso l’autista. Dall’auto scendono due uomini, pistole in pugno, volti coperti dai passamontagna. Dal furgoncino scendono altri due uomini e una donna, tutti armati e incappucciati, che circondano l’M–886. Il sole cala dietro le montagne. Il motociclista fa segno di scendere.
I soldatini scendono piano. Si fa buio. Ora sono in ginocchio, le mani incrociate dietro la nuca. Qualcuno apre l’M–886. Leggi il resto dell’articolo

Il futuro della scrittura collettiva

Vorrei partire dicendo che lo spunto per queste considerazioni nasce dalla conoscenza del progetto SIC di Magini e Santoni. In base a quanto m’è sembrato di capire di quel che ho potuto leggere, ho avuto l’impressione che il SIC si regga sui propositi di due (o chissà quante) persone preparate e appassionate: a differenza di molti altri progetti di scrittura collettiva attualmente in circolazione (spesso solo sussiegosi, tirannici o confusionari: decisamente scrittura truffaldina), Magini e Santoni hanno messo a punto un sistema logico, trasparente e – dote rara e preziosa – ragionevole. Posso non condividere i loro scopi e i loro presupposti, ma non posso non apprezzare la “gentilezza” con cui il SIC è strutturato: ognuno può, seriamente, contribuire grazie alla oggettività della “scheda”. E questo a me pare un contributo genuino alla scrittura. Trovo altresì che la presenza di un Direttore Artistico che esoneri l’autore dalla “integrabilità” sia salutare e azzeccata come soluzione organizzativa, mi preoccupa solo la sua importanza nodale: da lui dipendono davvero troppe cose, è lui che decide se un’idea è buona o no, quindi c’è da sperare solo che sia capace e intelligente. Infine è ottimo che ogni scrittore possa trovare il proprio utilizzo in base alle sue peculiarità. Stupendo. Detto ciò proverò a occuparmi, nei limiti di spazio e capacità, di questo argomento più in generale. O, meglio, a fare delle domande a cui non ho trovato una risposta. Leggi il resto dell’articolo

SIC – Un romanzo a 200 mani

Dopo quattro anni complessivi di lavoro, il Grande Romanzo SIC, primo romanzo a 200 mani della storia della narrativa, entra nell’ultima fase della revisione.

Il progetto SIC – Scrittura Industriale Collettiva nasce nel 2007 con l’obiettivo dichiarato di dare un fondamento metodologico alla pratica della scrittura collaborativa e portare una squadra di 100 autori a scrivere un romanzo che sia innanzitutto un buon libro.
Dietro la progettazione del metodo, la volontà di superare i limiti di coerenza e omogeneità della scrittura collettiva “a staffetta” e rendere invece la produzione di testi letterari da parte di gruppi e masse un vero processo collettivo, possibile anche laddove i vari scrittori non si conoscono tra loro e la produzione del testo è interamente coordinata via Internet.

Ci sono voluti due anni di sperimentazione del metodo, nei quali sono stati scritti e pubblicati cinque racconti, e due anni di stesura, ma oggi, dopo 935 schede individuali consegnate dagli scrittori per circa 3000 pagine totali di materiali, 170 schede definitive composte dai direttori artistici (di cui 24 schede personaggio, 35 schede luogo, 18 schede trattamento, 93 schede svolgimento) e 4 ritiri in un eremo collinare, il distillato finale del progetto SIC, un romanzo storico-avventuroso ambientato negli anni dell’occupazione tedesca in Italia e della Resistenza, entra nell’ultima fase della sua produzione.

Per ulteriori informazioni: www.scritturacollettiva.org

Precari all’erta! – Internet e letteratura

Per continuare coi rapporti tra internet e carta stampata, oggi vorrei focalizzarmi su un articolo uscito sul Corriere della Sera di giovedì primo ottobre, che riflette sull’influenza di internet sulla letteratura contemporanea, ricollegandosi in parte anche a un precedente articolo dello stesso Giuseppe Genna uscito il primo agosto su Milano Finanza.
Riassumendo, si può dire che in questo pezzo emergono due posizioni affatto nuove e apparentemente agli antipodi: da una parte quella che viene definita la vulgata degli “integrati”, rappresentata per l’occasione da Genna, e dall’altra quella degli “apocalittici” come Antonio Moresco. I primi sarebbero quelli che ripongono molta fiducia nel mezzo, nelle sue possibilità di rivoluzionare il linguaggio ed i suoi modi di fruizione, mentre i secondi apparterrebbero invece alla specie degli scettici che non si fidano della democrazia del web, che anziché rivoluzionare i linguaggi tenderebbe piuttosto a favorire il riciclaggio e la clonazione di quelli già esistenti.
La mia opinione è che entrambi i punti di vista siano condivisibili e che la loro inconciliabilità dipenda dal fatto che tendono a rimarcare, estremizzandoli, i possibili effetti (ancora tutti da dimostrare) del web sulle forme di scrittura (e non mi limiterei a considerare la sola letteratura).
Forse l’inconciliabilità di fondo tra le due visioni è piuttosto il risultato di un problema di metodo, poiché nell’articolo in oggetto mi sembra che si tenda a sovrapporre piani tra loro diversi: insomma, la letteratura e il panorama letterario sono due cose diverse, così come bisognerebbe chiarirsi sul significato specifico da dare alla parola linguaggio, che mi pare tenda qui a confondersi con la lingua e lo stile. Ecco perché i due discorsi apparentemente antitetici potrebbero in qualche modo ritrovarsi su un piano comune: Genna parla di spazi di discussione alternativi, mentre quello di Moresco è un discorso sulle forme; si discute sempre di web e scrittura, ma in due accezioni completamente diverse.
Il minimo comun denominatore delle due posizioni sta a mio parere nella stretta interdipendenza tra natura del mezzo e produzione di linguaggi, poiché se da una parte il web dà la possibilità di moltiplicare gli spazi di discussione, e dunque di allargare potenzialmente la sfera del sapere e il numero delle persone che vi possono partecipare attivamente (permettendo anche la nascita di quella nuova critica militante di cui parla Dario Voltolini alla fine dell’articolo), dall’altra esso può effettivamente favorire la diffusione di forme di scrittura più facilmente “normalizzabili”.
Per questo io sarei più portato a usare il termine scrittura (o ancor meglio scritture) in luogo di letteratura. Da un punto di vista strettamente stilistico il web può infatti essere un’ottima palestra di scrittura, di confronto (laddove vi sia però sempre un’adeguata attività “promozionale”, che permetta al blogger di turno di avere visibilità e dunque feedback), ma la sua influenza sulla letteratura (intesa come corpus di opere riconosciute da critica e pubblico) mi sembra si limiti per adesso ad alcuni sporadici casi “di tendenza”. Sicuramente il web influirà sulla velocità di scrittura, così come accade con gli sms dei telefonini, ma bisognerà capire quali sono gli effetti di queste modalità (che per molti è barbarie e perdita della lingua) quando precipitano fuori della rete (del mezzo specifico).
Mi sembrerebbe invece più prolifico un discorso sulle dinamiche della scrittura collettiva (le scritture – penso ad esempio all’esperimento del SIC o ai collettivi come Luther Blisset e Wu Ming), dove il mezzo in-forma realmente un modo di fare letteratura autonoma e originale, a differenza dell’esempio del blog che si riversa sulla pagina, che per quanto rappresenti una forma di letteratura direttamente derivata da internet, si presenta molto simile per dinamiche e struttura alla precedente produzione diaristica.