Confessioni qualunque – 4

#4 – Gemma

di Linda Caglioni

Che resti tra noi.
Perché se mia madre lo scopre le viene un infarto.

Già la vedo, nella luce calda del suo cucinotto in legno, tutta intenta a scovare in qualche libro di ricette la torta più buona da preparare alla sua bimba di ventisette anni. È avvolta nel pigiama di flanella, sul suo petto molle due pinguini si baciano sopra una scritta in inglese. Ce l’ho proprio qui davanti agli occhi, l’immagine di lei che affloscia le guance rugose dalla delusione, lascia scivolare gli occhiali sul naso, perché pensa che così leggerà meglio dentro i miei occhi, gli occhi della sua topina. È sempre stata convinta di saperlo fare. Anche quando saltavo la scuola, quando prendevo un brutto voto o quando stavo troppe ore a casa di un ragazzo per fare le cose che secondo lei non ero pronta a vivere. Diceva di sapere tutto, semplicemente guardandomi. Facevo fatica a mentirle, perché le credevo. Poi ho capito che nei miei occhi, in realtà, ci ha sempre trovato quello che più le piaceva. Per questo penserebbe che è uno scherzo, lo penserebbe così fortemente che riuscirebbe perfino a non farsi trapassare le orecchie vecchie e morbide da quella brutta notizia.

Faccio la ballerina, mamma. Da qualche tempo, saranno due mesi, credo. No, la mia amica Valentina non viene con me. Vedi mamma, ora è un po’ diverso, non c’è il saggio a fine anno. Non c’è mai nessun saggio qui, mamma. Ballo al Maga Circe, in viale Certosa, a Milano. È un night club, mamma. Leggi il resto dell’articolo

Pubblicità

New Italian Paranoia

Le macchine in strada vanno avanti e indietro. E gli autisti suonano i clacson. Suonano e si incazzano. Suonano e sbuffano. E fumano sigarette con il braccio fuori dal finestrino. Alla radio stanno dicendo che nelle tette di una giapponese su quattro c’è iodio radioattivo. E che quindi il pupo si ciuccia il latte e si prende le radiazioni. Poi hanno detto caldo record, anticiclone delle Azzorre, attenzione, alta pressione, bel tempo, spiagge piene, pericolo per cani, bambini e anziani, Costa Smeralda, principino William. Ma passiamo alla politica, ha detto il tipo del telegiornale. E due tipi dentro una macchina hanno fatto una smorfia. E una signora grassa ha attraversato la strada zoppicando. E un bambino con un palloncino rosso in mano è rimasto a guardarla e sembra che non ne ha mai visto, di zoppe grasse. Leggi il resto dell’articolo

Abbinamenti

Una cosa che, a pensarci adesso, mi viene proprio da ridere. Non so come faccia a dimenticarla e a ricordarmene solo ogni tanto. Ma quando è successo giocavo a essere talmente compunto che non potevo essere in grado di riderne. Ero serio perché mi servivano soldi. Ed era estate ed avevo qualcosa in mente. Un progetto per l’estate, ad esempio. E infatti, era estate e non facevo altro che andare su e giù, ogni giorno, per Ponte Marconi. Leggi il resto dell’articolo

La fiction letteraria – 2

E siamo qui di nuovo a parlare del magico mondo in 3D dell’editoria italiana, o meglio, di un certo tipo di editoria italiana, di quella che ti chiede soldi per la pubblicazione ed ora anche per la PROMOZIONE!!!

Qualche tempo fa mi arriva bel bello nella mia posta di facebook una meil da Piergiorgio Leaci (che io stimo come scrittore ma con questa proposta mi è caduto proprio) che mi scrive:

Gent.li Signori, (e già qui si toppa, perché nella meil cumulativa ci stavano anche gentili donzelle, ma vabbé sticazzi, lo si sa che il mondo della scrittura è misogino)

sono Piergiorgio Leaci, direttore dell’agenzia letteraria Interrete. Stiamo ora lavorando al casting di un’importante iniziativa promozionale televisiva dedicata agli autori e ai loro libri: Book Generation. La visibilità che l’autore ottiene di sé e del libro è davvero considerevole. (Anche le mie tette sono considerevoli ma mica vado a dirlo in giro).

Per questo la preferiamo alla solita pubblicità attraverso internet o all’invio di comunicati e recensioni. La trasmissione televisiva è un veicolo commerciale attivo che una volta in onda, raggiunge direttamente il pubblico. (WOW!!!) Ecco i dettagli:

Bookgeneration è un format televisivo che tratta di libri (Cacchio, pensavo di generazioni). Saranno gli autori in prima persona (7 ogni puntata) che, pungolati dall’ideatore del programma Andrea Giannasi, parleranno della loro opera. (Se mi pungolano ho delle erezioni, dovrò mettermi dei pantaloni stretti).

Book Generation è un format tv che andrà in onda su 5 televisioni Sky, 100 emittenti regionali, sarà visibile in 40 centri commerciali e 120 porti grazie al supporto del circuito di PortTV.
Book Generation non ha una struttura verticale tradizionale delle trasmissione tv, con l’accesso ai vertice ostruito, ma orizzontale e dunque aperta a tutti gli scrittori. (Ma tipo web-tv? Cioè cose già esistenti che ci spacciano per novità? Però è una soddisfazione vedere il proprio libro nel porto di Genova… magari che galleggia in acqua)

Gli scrittori possono decidere di partecipare direttamente o far mandare in onda solo un book trailer del loro libro senza apparire. (Noooo! Non ci credo! Cioè uno paga 200 euro e manco va in trasmissione? Vabbè ma allora è un pazzo! Idea per book trailer: Primo piano sul pene di un ventenne che si masturba infilando il membro nel collo di una gallina sgozzata. L’inquadratura si alza e scopriamo che con l’altra mano il ragazzo stringe un libro aperto che sta leggendo. Voce fuori campo che dice: “Non sottrarre tempo alle tue passioni, leggi il nuovo libro di Costantino Vitaliano”)

Ogni puntata avrà sette libri e la prima serie di Book Generation prevede solo dieci puntate. L’inizio delle riprese è previsto per la metà di marzo 2010. Il costo per la partecipazione è posto in euro 200,00 da versare tramite vaglia intestato a
Piergiorgio Leaci Via Mxxxxo 44 – 73051 Xxxxxi (LE)

(Beh qui non c’è nulla da commentare, le immagini parlano da sole. Però facciamo due calcoli, 200 euro a puntata, in ogni puntata 7 autori, 7×2 14… 1400 euro. Ma chiedere soldi a degli sponsor no? Ah ho capito, gli sponsor eravamo noi, che stupidino che sono.)

Per vedere la puntata pilota: bookgeneration.wordpress.com.

Le locations saranno tra Roma, Civitavecchia e in altre città italiane.

La trasmissione è ideata e curata da Andrea Giannasi (cacchiolo l’editore della Prospettiva Editrice! Fanno pure bei libri cacchiolo!) e prodotta da AG Communication. Realizzazione: Emrovideo per conto di Civitafilmcommission. In collaborazione con Interrete Literary Agency Regia: Roberto Giannessi; Sceneggiatura: Simone Damiani; Marketing e Comunicazione Piero Pacchiarotti; Casting e Promozione: Piergiorgio Leaci. Info alla email: info@interrete.it

PORT TV distribuisce questo programma attraverso il suo Network di emittenti: TV TERAMO – ONDA TV –
TRSP TV – TELE DIOGENE RTC TELECALABRIA – TELE MIA – CONNECTIVAEXEFORM WEB – CHANNELCALABRIA TV – CDS TV – LASER TV – TELE ISCHIA – ITALIA 2 MEDIATEL SKY 826 – TELE CITTA’ VALLO – TELEARCOBALENO 1 – VIDEONOLA MONTI TV WEB – TELETIBUR – TELE GOLFO – TELE RADIO ORTEZERO TV WEB TELEOBIETTIVO – TELESANREMO – PIU’ BLU LOMBARDIA – MILANO SAT sky 893 – TELE SOL REGINA – ENERGY CHANNEL – TELE 2000 – TELEMONTEROSA QUADRIFOGLIO TV – STUDIO 1 – TVALTAITALIA – TV TELEALPI WEB – TVRTM – ERRETIEMME – TELESARDEGNA – CATALAN TV ALPA 1 TGRVIDEOSICILIA – TELE IBLEA – ANTENNA 1T – ELERADIOSCIACCA – TELE VALLO – ANTENNA 6 – TV 1 CANALE 39 – TELE IDEA – TELE RIVIERA TELETRURIA 2000 – TELE NUOVI ORIZZONTI – RETE SOLE CARPE DIEM SAT sky 933 – EDEN TV TVM – CANALE 6 PRIMANTENNATVI – TELEISERNIA TELE SUD EUROITALY – TELEMARE TELEFRIULI CANALE 68 – 3 CHANNEL – TELE GALILEO – RETE VERSILIA – NEWSTV PRATO 39 TELE RADIO CENTRO CANALE 9 – REI TV CANALE 103 – TIRRENO SATTELE 90 – SULCIS TV – TELEMAJG – PUGLIA TV – TELE DAUNA – TELEMANTOVA ESPANSIONE TV – STV TELE TUTTO – RETE SEI – RETE ORO sat – TELE ETERE – TV9 MEDIA
– TVRADIO AZZURRA

Fine della letterina

Vabbé… Ma è normale che uno scrittore esordiente debba pagare 200 euro ad un’agenzia letteraria per partecipare ad un programma tv dove parlerà del suo libro? Pare proprio che per l’agenzia Letteraria Interrete sia possibile! L’agenzia letteraria Interrete mi chiede 200 euro per poter partecipare ad un programma tv dove potrò parlare del mio libro, cazzo! Se pago 200 euro posso pure scoparmi la presentatrice ed il direttore della fotografia? Attendo risposta dall’agenzia.

PS: In cambio di una cena vi faccio una video intervista sulla poltrona della mia stanza. E potrete pure fare i rutti, la struttura sarà orizzontale. Poi metteremo il video in rete e ci vedranno pure i canguri australiani (che di sicuro poi saltelleranno verso la più vicina libreria ad acquistare il vostro libro).

PS: Mio padre dice sempre che facendo così mi chiudo le porte in faccia e non andrò mai da nessuna parte. Non è vero papà: tra due minuti aprirò la porta del bagno e andrò di corpo.

Baci

Andrea Coffami

Il cagnolino rise

Il cagnolino rise *

Le ore in quell’ufficio impolverato (la polacca non fa mai un buon lavoro la mattina delle pulizie) si erano consumate più lente del solito e scampare allo stillicidio assassino mi era parso ancora più gravoso oggi. Alle sedici e trenta varcai la soglia, come ogni venerdì. La città si srotolò generosa sotto i miei piedi. Con passi avidi e irriconoscenti la calpestai per quindici minuti, senza mai alzare lo sguardo. Dopo trent’anni a Roma, il Colosseo fa l’effetto di una latrina, un gigantesco cesso annerito dall’usura, visto dall’alto naturalmente. Finalmente a casa. Sono le cinque, l’inverno ha già ottenebrato quella che era cominciata come una giornata di sole. Immaginare questa scatola compressa come una casa è un’opera di alta e furiosa alienazione: d’altronde sono un genio della finzione.

Faccio la mia doccia, quella che uso per eliminare le scorie della vita ingiacchettata. L’acqua fredda mi avvizzisce l’affare e il cuore si riempie di pena per quel pezzo d’anatomia su cui da almeno vent’anni non riesco ad esercitare alcuna autorità.

Avvicino la faccia allo specchio, nessuna traccia di maschio. Leonardo passa il turno a Leonida, unica regina del venerdì sera capitolino. Sul letto l’abito rosso m’aspetta. Mezz’ora di trucco e il gioco è fatto. Niente Carrà, stasera sarò originale.

Fottuti froci-padri di famiglia, solo loro mi desiderano e solo loro maledico. Pensare di lasciarmi scopare da uno che di giorno fa il marito mi eccita. A piacermi, in realtà, è l’idea che lui sia un padre. L’attrazione irrazionale verso mio padre non l’ ho cancellata nemmeno con l’analisi. E non è la storia del poveraccio che si ammala di omosessualità perché figlio di un uomo assente e violento. Mio padre c’era, mi amava e accettava la virulenza della mia parte femminile, chiamiamola così. Il sessantottardo era un tipo avveduto per l’epoca e io un uomo nato omosessuale, innamorato del proprio padre e per questo destinato a restare solo, almeno affettivamente.

La vita reale mi annoia, mi nutro di finzione e le metamorfosi del venerdì mi saziano. Il mio travestimento è arte. Riempite le tette, mi passo le mani sui fianchi, ciondolando le anche ossute e lo specchio risponde austero con un’immagine tutt’altro che deludente. Leonida stasera è proprio una fica, mi sussurro tutta sussiegosa. L’amore non mi interessa. L’amore non lo conosco e, come tutte le cose fuori controllo e cognizione, lo temo. Dunque lo rifuggo, quando sento il suo odore di zucchero, cambio immediatamente direzione. Gli uomini mi desiderano e mi basta, per sopravvivere, intendiamoci. Io non sono felice. Leonardo non è felice. Leonida non è felice. Entrambi portano a casa la pelle, cedendosi il passo di tanto in tanto. Quella volta al Blood, dieci anni fa, me la ricordo come se fosse ieri. Avevo da poco cominciato a fare marchette: la vita per una che non voleva scendere a compromessi con la normalità affettata e imposta a volte va guadagnata così. Che cazzo volete saperne voi nati maschi in corpi di maschi. Al Blood quella sera d’estate conobbi Luca, un ragazzo confuso e angosciato dalle pulsioni opposte che il suo corpo e la sua mente manifestavano. Faceva il duro, il maschio che aveva accompagnato una sua amica lesbica a rimorchiare. Dieci anni fa ero di una bellezza conturbante. Sempre stato glabro, parevo un angelo, la decifrazione del mio sesso era complicata. Parevo una donna, profumavo di donna, ma le mani erano di uomo, le spalle sapevano di forza. E Luca rimase folgorato. La lesbica si accorse subito di tutto, certe cose le sentiamo in anticipo tra di noi. Al terzo drink Luca era tra le mie braccia, fingendo di non sapere del Leonardo che nascondevo tra le chiappe. Mi accertai che la dark room fosse vuota e nera. Lo presi per mano e lo invitai ad entrare, rassicurante e puttana. Volevo lasciarmi scopare. Gli presi le mani e gliele infilai nelle mie mutandine di pizzo. All’epoca ero ancora nuova dell’arte. All’epoca pensavo ancora che l’amore non avesse regole, generi, verità. All’epoca credevo ancora di essere normale. Di fronte a noi c’era una peritosa riproduzione della Marilyn di Warhol che ci fissava. A destra, in un angolo illuminato di rosso, c’era una statua, un bulldog inglese di ceramica, un fottutissimo cane bianco, grottesco e pacchiano. Ricordo il momento in cui Luca mi sfilò l’uccello: aveva la faccia di chi non credeva ai propri occhi. Io esplosi in una risata grassa e indecorosa, per mascherare paura e vergogna. Anche il cagnolino rise, quel fottuto animale di ceramica si mosse, almeno così mi sembrò. Ero talmente frastornata che immaginavo anche dio ridere di me. Luca mi pestò a sangue, ma questa è un’altra delle tante storie violente che potrei raccontare. Comunque, è da quel giorno che l’amore ha smesso indiscutibilmente di interessarmi. E’ da quel giorno che ho rinforzato la convinzione che quella madre algida e lontana m’aveva conficcato nel petto: uno come me non merita amore. Il sesso m’interessa, essere attraversata dall’incontenibile brama maschile mi lascia al mondo. E mi basta. La parrucca, le tette posticce e smisurate, sono il mio escamotage, la mia finzione di vita. E questa farsa mi serve per sopravvivere degnamente. I giudizi e i rancori non li temo. Leonardo di giorno, Leonida di notte. Quando il sipario si chiude sono un essere umano addolorato e solitario. Le mie lacrime le asciugherò con le lenzuola, quando la mia stanza vuota mi accoglierà di ritorno dall’ennesima festa in cui vi ho fatto divertire.

D’altronde io sono un genio della finzione.

Maura Chiulli

* Racconto pubblicato nell’antologia E il cagnolino rise (Tespi, 2009)

Il cielo dei se

IL CIELO DEI SE *

Era così profondo che a guardarlo dall’alto quasi avevo le vertigini. Il canyon che mi ritrovavo sotto il collo, là dove normalmente sorgono floride colline, mi lasciava in uno stato di arida desolazione ogni volta che mi esaminavo allo specchio. Profilo destro. Profilo sinistro. Frontale. Osservavo attentamente qualsiasi impercettibile rigonfiamento che potesse farmi sperare in un embrione di femminilità. Ma niente. Lo specchio, facendomi rassegnate spallucce, mi rifilava sempre lo stesso verdetto: anche questa estate niente tette. Mi rivolsi allora all’unico santo a cui potevo votarmi: mia nonna Alberta, intenta in quel momento a fare la sfoglia. Diceva rosari per ogni gattino smarrito, ogni gamba fratturata, ogni colpo di tosse del paese: non vedevo proprio perché non potesse occuparsi del problema del mio seno, che all’epoca mi sembrava poter competere con la guerra e la fame nel mondo per aggiudicarsi il titolo di più grave catastrofe dell’umanità. E così le commissionai due rosari, uno per seno, e che ci si mettesse d’impegno, la rimbrottai direzionandole lo sguardo a quei tristi bottoni di tettucole che avevo al posto del decolleté.

Il punto è che io volevo diventare bella e grande per lui, Bici Rossa, il mio amore sedicenne, un affascinante moretto che passava le vacanze nel mio paese. L’estate per me cominciava quando riuscivo a vedere (dopo settimane intere di indecenti appostamenti in cima alla collina) la macchina dei suoi genitori parcheggiata davanti alla sua villa e finiva quando lui se ne andava con le prime folate settembrine. Trascorrevo l’intero inverno a immaginare il momento in cui ci saremmo rivisti: lui scendeva dalla macchina dei suoi, mi scorgeva (nel frattempo ero diventata una strappona bionda, alta un metro e ottanta, con la quarta di reggiseno e avevo anche ottenuto magicamente un paio di occhi verdi) mi diceva “sei proprio tu? Sei diventata meravigliosa!”, s’innamorava all’istante, ci baciavamo e vivevamo felici e contenti, come in tutte le fiabe che si rispettino. Proprio quel giorno, finalmente, l’estate era arrivata in macchina con Bici Rossa e me ne stavo irrequieta al fiume con i miei amici, sapendo che poteva comparire da un momento all’altro.

Era così profondo il fiume che ogni volta che mi tuffavo per andare a toccare il fondo non riuscivo a riemergere per vari secondi. Quando sbucai dall’acqua gelida e me lo ritrovai davanti, lì in acqua accanto a me, lo accolsi con la mia muta bocca spalancata: è qui che il mio film cominciava. Ma io non ero una strappona bionda bensì un’aspra dodicenne e neanche quell’anno, chiaramente, il film cominciò. Bici Rossa mi salutò con il suo sorriso pieno di sole e malizia, mi fece una carezza sulla testa di quelle che si fanno ai bambini e si occupò presto di altro, anzi di altre. Loro sì che erano appetibili: avevano addirittura tredici anni, venivano dalla “città” e non gli mancavano di certo delle arroganti, altezzose mammelle. Bici Rossa e gli altri ragazzini cominciarono per scherzo a slacciare a tutte il bikini. A tutte tranne che a me, perché era inutile. Un pochino mi rodeva.

La sera, come ogni sera, raggiunsi gli altri nel piazzale. Anche se eravamo piccoli nel paese non si celavano pericoli e i nostri genitori ci facevano restare fuori fino a tardi, le undici. Io avevo sempre i capelli ancora un po’ bagnati e un inebriante odore di balsamo addosso: era quello il profumo dell’estate per me, l’odore di una promessa mai completamente mantenuta.

Giocavamo sempre a un nascondino evoluto, che aveva come confini i dintorni del paese. Anche quella sera Daniele cominciò a contare Uno, due, tre…novantanove, cento! e noi ci spargemmo dietro ai porticati, giù per i borghi, sotto il Ponte medioevale, su a perdifiato per le colline. Io “casualmente” mi nascosi nel prato in cima alla collina con Bici Rossa. Mentre eravamo stretti stretti dietro a un dosso, il silenzio della notte si addensò attorno a noi e lui mi disse “quando sarai più grande ripasserò”. E allora cominciai subito ad aspettare di diventare grande, e a contare Uno, due, tre…novantanove, cento… Gli sorrisi per quella spremuta di potenzialità che mi stava offrendo, felice in fondo di non essere ancora. Ci sdraiammo sul prato senza fare più nulla se non contemplare le stelle che pattinavano veloci sul cielo nero.

Era così profondo il cielo e così pieno: pieno di tutto quello che mi sarebbe accaduto, di tutto quello che mi sarebbe potuto accadere e anche di tutto quello che non mi sarebbe accaduto mai. Mentre sentivo di lontano gli echi degli scalpiccii di qualcuno, dei “Tana per me!” e mia mamma che mi reclamava dalla finestra – No, mamma, fammi giocare ancora un po’– io mi scioglievo tra le trame oscure del cielo, da cui mi sgocciolavano addosso dei seducenti

SE      SE      SE…

Sofia Assirelli

* racconto pubblicato sul Corriere di Bologna