La società dello spettacaaargh! – 11

[La società dello spettacaaargh! 1 – 2 – 3 – 4 – 5 – 6 – 7 – 8 – 9 – 10]

Caro Matteo,

ho ragionato un po’ sulla tua analogia tra piani meta- e geometrie di Escher: non era proprio così che me l’immaginavo, e questo mi ha portato ad analizzare meglio il concetto, che avevo delineato in modo approssimativo e frettoloso.
Con “inerpicarsi di piani meta-” intendevo ciò che scopriamo in quelle discussioni che finiscono quasi subito per vertere su cosa si è detto, sul perché lo si è detto, sul fatto che lo si è detto (talvolta addirittura qui, si finisce) etcetera; meta-discussioni, insomma, spesso snervanti, che sono favorite dall’epidemica comunicazione in forma di trolling (e in generale da quel fenomeno della comunicazione nel quale Mario Perniola ravvisa il discorso psicotico): il discorso del troll è talmente disgregato – spesso inconsapevolmente – e superficiale – nel senso proprio che pare un’increspatura della superficie – che la prima cosa che ti viene da fare è chiedere conto dei presupposti, tentando di mostrare al tuo interlocutore quanta complessità e quanto pervertimento dei significati si celino in quelle che lui pretende essere verità lapalissiane. La cosa interessante è che ai suoi occhi è il tuo meta-discorso che inerpica piani meta- e si allontana dal reale, mentre per te il tuo meta-discorso non fa che scoprire, a ritroso, in direzione del reale, la somma di piani occultati sui quali il discorso del tuo interlocutore si muove: l’impressione prodotta nel tuo interlocutore dal tuo meta-discorso, di un ulteriore allontanamento dal reale, è causata dal fatto che stai spostando l’attenzione dalla realtà dell’originario oggetto del dibattere alla realtà dell’esistenza del piano meta-, che però, per chi vi si muove sopra, è occultato, quindi il tuo meta-discorso scade, agli occhi dell’interlocutore, a pippa. Leggi il resto dell’articolo

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La società dello spettacaaargh! – 5

[La società dello spettacaaargh! 1 – 2 – 3 – 4]

Caro Matteo,

il tuo ultimo intervento chiarisce di molto i termini della questione1. Si delinea una galassia di temi dei quali credo nessuno possa essere affrontato isolatamente e una volta per tutte.
Provo a riassumere il quadro emerso finora.
L’assurdo che non dà scandalo, e il suo rapporto con la fede2: questo fattore mi pare possa essere preso – su questo, credo, siamo d’accordo – come il modo in cui l’attitudine nichilista alla riduzione della realtà nel puro qui e ora si manifesta nella sua declinazione italiana3.
La messa in fuga del reale: il rifiuto della logica come lettura della struttura del reale e quindi come garante dello spazio dialogico, l’indebolimento della presa del reale sul sentire dei singoli, la creazione del nulla: uno spazio sociale e mediatico nel quale manifestare simulazioni condivise di sentimenti.
Lo scetticismo etico e il fatalismo: più su ho usato l’espressione messa in fuga del reale e non fuga del reale, per mantenermi distante da una tradizione filosofica nella quale sembra sempre che le cose accadano come “destino dell’Occidente”, e mai che noi le facciamo. Tra fatalismo e scetticismo etico mi pare ci sia un reciproco rafforzamento: le cose accadono perché sì, il che genera un appiattimento del sentire, sostituito spesso da una fervida adesione attiva a ciò che si ritiene essere il destino.4
Assurdo, comunicazione di massa, scetticismo etico: queste mi sembrano dunque le tre componenti – antropologica, tecnologica, filosofica – del nichilismo italiano, le coordinate del nostro spazio, che ti chiedo di aggiustare, se credi. Leggi il resto dell’articolo