PASTICHE – Tutte le forme del raccontare

È appena uscito, quasi ovunque a Roma e (a breve) on-line, il numero zero di PASTICHE – TUTTE LE FORME DEL RACCONTARE, mensile elettrocartaceo gratuito e autoprodotto di protolettere, interpunzioni grafiche e belle speranze, edito nel tentativo di (ri)pensare e (ri)scoprire a monte il raccontare nelle sue forme più variegate ed espanse espressamente su carta.
Il numero zero, numero pilota di svelamenti identitari parziali, ha in sé forme del raccontare di Paolo Battista, Giulio Benasson, Luca Carelli, Pierluca D’Antuono, Chiara Fornesi, S.H. Palmer e Gabriele Ronco.

PASTICHE – TUTTE LE FORME DEL RACCONTARE è pensato e redatto da Paolo Battista e Pierluca D’Antuono
Impaginazione e grafica: Antonio D’Antuono
Per ricevere a casa PASTICHE o per proposte di collaborazione (racconti brevi, poesie, foto e disegni b/n) scrivete a pasticherivista@gmail.com (o in alternativa  paolobattista76@gmail.com) indicando il vostro nome e recapito.
Su facebook ci trovate qua 

TREDICI – DELLA TRASFORM/AZIONE DOPO LA CURA di Pierluca D’antuono

Tell me this is not for real
Please, tell me this is not for real!

The Cure, 13th

Escludendo gli album-madeleine inzuppati inconsciamente durante l’infanzia (in particolare Disintegration che all’epoca risuonava piuttosto spesso nelle casalinghe stanze sorelle), la canzone con cui, a 13 anni (non a caso), scopro The Cure è The 13th, nel 1996. In anni di falcidiante imperialismo britpop e di certe notti Ligabuiane ovunqe, di indimentiicabili – in senso stretto – singoloni MTV-ani (KE-Strange World, Joan Osborne-One of Us, Smoke City-Mr Gorgeous) e dance italiana turbocapitalista alla conquista dell’universo (Datura, Robert Miles, Fargetta), The Cure era roba davvero vecchia preistorica e superata, a cui mancava finanche la consolazione dello stato di culto o una risonanza affettiva di tipo alternativa (sarebbero entrambe arrivate più tardi, con BloodFlowers). Erano quattro anni che infantilmente Robert Smith desiderava cose impossibili, sulla scia di improponibili primi posti in chart mondiali da riconquistare (manco fossero gli anni di Wish o addirittura l’epoca disintegrata di incondizionata fiducia artistica e umana). Comunque erano un marchio di fabbrica ancora piuttosto decisivo o più che altro di rilievo (archeologico). Niente a che vedere con i grandi residuati bellici anni ’80 modello U2 ancora furbescamente in DISCOclassifica. Ma non erano (mai stati) neanche i Duran Duran, diamine! Sparire mai, tutto il mondo è paese, ovunque le poltrone sono comode e infine o in fondo, purché se ne parli, in qualsiasi modo, Madonna Ciccone benedetta, val bene uguale.

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Face to face! – Paolo Baron

Toilet è una realtà letteraria giovanissima, tenace, incredibilmente in mutazione e soprattutto capace di tirare fuori veri e propri conigli dal cilindro.

La testa (rasata) dietro questa energia editoriale è Paolo Baron e mi sono fatto due chiacchiere veloci con lui…

Toilet. Detersivo, detergente, profumo o che?

Scelgo il detergente, un detergente profumato per le ansie del quotidiano, direi. Toilet, la nostra raccolta di racconti da leggere in bagno è un momento di distacco da tutto quello che è fuori dalla porta (del bagno appunto) che è poi il luogo dove “consigliamo” di leggerlo, almeno ci piacerebbe che fosse così, anche se in metro, tram, aereo va bene lo stesso…

Quando avete messo la prima maiolica e perché?

Alla fine del 2005, volevamo mettere su carta quello che già pubblicavamo su web (www.toilet.it) per il puro piacere di raccontare storie. Ci piaceva l’idea di farci leggere anche lontano da un pc, partendo appunto dal bagno. Il numero 0 rimase in giro per 6 mesi prima di accorgerci che la gente lo aveva richiesto ancora e ancora presso le librerie amiche dove lo avevamo “poggiato” per vedere cosa succedeva.

Chi legge e chi scrive Toilet ma soprattutto cosa rende un racconto “da Toilet”?

A leggere e scegliere siamo in dieci, editor di professione, scrittori e non. Tutti sfrenati lettori di libri.
Lo scrivono tutti coloro che hanno la voglia e le qualità per mettere su carta un’emozione o una storia ben raccontata, con una bella prosa senza lungaggini.

Ma si può fare sesso in un bagno?

Non esiste un posto dove non si possa fare sesso, non credi? Il bagno offre una serie di spunti, la vasca, la cabina doccia, non esiste un limite alla fantasia. Quando la natura si scatena non guardi dove sei.

La domanda voleva portarti alla vostra ultima fatica “I love porn”. Ce ne parli e ci dici come avete scelto i porno scrittori che hanno macchiato la carta?

Anche se è un progetto ben distinto, abbiamo voluto utilizzare lo stesso sistema di raccolta di toilet, il nostro sito internet, abbiamo inserito il link a www.iloveporn.it e poi un bando che diceva: pornografia: s. f. trattazione o rappresentazione, in scritti, disegni, fotografie, spettacoli, di temi o soggetti osceni, fatta senza altro intento che quello di stimolare eroticamente i fruitori.

Ci è arrivato di tutto, e credimi, ci sono i termini per un’indagine sociologica su: “l’interpretazione della pornografia del nostro tempo”. Abbiamo letto tutti i racconti pervenuti ed abbiamo capito che esiste una confusione tra porno, sesso e descrizioni schifose degli atti più strambi e spesso disgustosi che puoi immaginare, ma questa è un’altra storia. Così, scelto il meglio dal materiale ricevuto, abbiamo reclutato direttamente un piccolo gruppo di autori ed autrici a cui abbiamo chiesto di trasmettere un’esperienza, un’idea, un sogno.

Il risultato è un volume pieno di racconti a base di sesso intenso, chiaro, vibrante, a volte estremo, a volte dolce. A sfondo ironico, misterioso o politico. Sesso nella sua magia e nelle sue aberrazioni, l’ho scritto anche nell’introduzione.

Tu sei anche un musicista e te la servo lì: la colonna sonora ideale per stare sotto le coperte?

Questa tua domanda è troppo bella per essere vera, era preparata, lo diciamo? Infatti mi permette di annunciare l’uscita di PLAY TO LOVE.

Volevamo diversificare l’offerta, insomma: “non solo libri”.

PLAY TO LOVE è un cd espressamente scritto e registrato per fare sesso. Niente compilation e robe tipo love songs. Abbiamo inciso una lunga serie di brani cercando di trasmettere una sensazione di pace e relax. Siamo stati attentissimi a non infastidire con suoni distorti o batterie assordanti, abbiamo lavorato nota per nota, rullanti e casse, per regalare un’atmosfera diversa agli spazi dedicati all’intimità. Le ritmiche di PLAY TO LOVE ti “cullano” senza mai eccedere in velocità, oscillando, tra i 60 e i 90 bpm, una velocità volutamente vicina alla frequenza cardiaca (70-75 bpm in un essere umano adulto a riposo), così da trasmettere, in maniera subliminale, un’ulteriore sensazione naturale di piacere e rilassatezza, quella dell’utero materno per dirla tutta.
Otto mesi di produzione, un mixaggio in uno studio tra i migliori della capitale e il mastering affidato a Greg Calbi che ha lavorato con così tanti artisti che non avrei spazio per elencarli: David Byrne, Brian Eno; ha masterizzato
The unforgettable fire degli U2, mi vengono i brividi solo a pensarci. Ha lavorato anche con John Lennon, un’esperienza unica.

Toilet: stimolante e…

Divertente, a volte amaro, crudele e altre vivo, pungente, polemico, critico, insomma qualcosa di estremamente eterogeneo. Così come eterogenee saranno le proposte della nostra casa editrice, la 80144edizioni, lungo tutto quest’anno e sicuramente lungo i prossimi.

Stiamo cercando infatti di evidenziare la netta distinzione tra Toilet e gli altri progetti (come appunto I love porn e PLAY TO LOVE) per evitare di fossilizzarci su quello che è il nostro cavallo di Troia, ma che adesso si sta aprendo e, uno ad uno, sta facendo uscire Ulisse e i suoi guerrieri. Ma non intendiamo bruciare niente, state tranquilli…

Alex Pietrogiacomi