Parigi à passages – Passage du Bourg-l’Abbé

di Simone Olla

Quando mi metto a dormire il cielo è già diventato rosso. E quando mi levo la mattina è bianca felice. Claire mi ha lasciato un biglietto sotto la porta, mi ringrazia per le abbondanze della notte precedente. Conservo i suoi biglietti nelle Odi del gioioso mattino di FH che sto traducendo per lei; mi paga le giornate di lavoro intenso come quelle di ozio, quelle che scivolano via suonate adagio dalla sua collezione di sinfonie. Quando mi trova seduto nel suo divano con le mani sul capo e lo sguardo basso, quando mi trova chiuso e rarefatto non si danna né vuole vedere il colore del sangue: Claire canta la musica e mi parla.
Entra in questa casa per la prima volta che io sono fuori città, ma le ho sgomberato quella che sarà la sua stanza, quella che era la mia, la più grande: la stanza con le due finestre. Ho lasciato i libri sulla nuova scrivania, la valigia per terra, il letto ancora da rifare. Sulle pareti, al posto dei quadri, ci sono appese le mie camicie ad asciugarsi – quando Claire entrerà sentirà quantomeno odore di bucato. Non ho lavato i piatti, né ho passato lo straccio nel parquet. Eravamo Leggi il resto dell’articolo

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Parigi à passages – Passage Brady

di Simone Olla

Barone: Essere l’amante di una donna di mondo… Non che sia una meravigliosa idea. Dovrei trovare una donna di mondo che acconsenta di essere mia infermiera. Il problema è là. Dove potrò trovarla?
Joseph: Ne conosco una, si chiama Leontine Massine.
Barone: Che nella nostra Opera buffa sarà Madame de Folle-Verdure.
Joseph: Si attenta la vita del barone, quindi. Sono in quattro. E c’è un italiano, fra questi.
Barone: Il barone H. e sua moglie Christine salutano in carrozza la nuova città che si costruisce addosso alla vecchia. E sopra.
Joseph: I bellimbusti aspettano l’arrivo della diligenza mimetizzati fra le piume di galli e galline: tutti hanno in mano qualcosa da lanciare sotto le ruote della carrozza del nostro barone veloce.
Barone: Che inscena abbuffate di palazzi rimodellando una città.
Joseph: Quella che vedranno sarà la mia città, altro da quanto esisteva prima.
Barone: Veloci saranno gli asini dietro la diligenza a raccogliere le briciole, per non perdersi, con la testa bassa.
Joseph: E lente saranno le tartarughe alla prima uscita dopo il letargo.
Barone: Molto lente.
Joseph: Non aspettano che il prossimo valzer, impossibilitate come sono ad alzar le zampe del loro lentissimo can-can.
Barone: A questo punto la musica si abbassa e un tenore annuncia il ballo: il valzer delle tartarughe.
Joseph: Ah ah, non farmi ridere… Leggi il resto dell’articolo

Parigi à passages – Passage Feydeau

di Simone Olla

Questa è la storia di un valzer: una storia in tre quarti dove il quarto è un silenzio necessario, la nota muta di una sonata per piano. Questo breve ballo che ci concediamo – la vita – ha perfino una strada connessa a narrazioni elettriche. Quanto è scritto deforma la vista, poi. E quanto visto deforma lo scritto, o lo informa. L’esorbitante quantità di informazioni e immagini che subiamo ogni giorno, e che rimangono a disposizione della nostra pancia mai sazia, tesse verità su verità per sfuggire alla realtà del dubbio: il fuori della caverna di Platone è un labirinto sicuro, coperto per tre quarti da reti fiuì, dove il quarto – ancora – è un singhiozzo di silenzio necessario. Una specie di singulto. O un rapido rigurgito.
Il territorio e le sue trasformazioni; la città che si allarga, asseconda il fiume, dialoga con le colline dattorno, con le abitazioni e i materiali di queste; la paura del fuoco quando di legno si alzavan le case è rimasta Leggi il resto dell’articolo