Grillo, la macchina infernale – #SurrealityShow

Beppe Grillodi Andrea Frau

Il terreno è scivoloso. La macchina sbanda, il conducente molla il volante, apre la portiera e si lancia via dal veicolo. All’interno sono rimaste delle persone ma non importa. L’autista è rotolato in Costa Rica, i passeggeri sono finiti in una scarpata.
Un uomo alto e corpulento indossa un cappuccio e ripete:
“Compra questo cappuccio, compra questo cappuccio” come per ipnotizzare lo spettatore. Ora Giuseppe è vecchio, e a parte qualche raro spot per tv locali se ne son perse le tracce.

Giuseppe detto Beppe arrivò in Sicilia nuotando tra scandali, aspiranti suicidi e frustrati di ogni età pescando da questo target con ami a forma di punto esclamativo e di uno.
Il leader vellicò gli istinti più bassi e reazionari della gente con dei vibratori a forma di manganelli, istituì processi sommari in streaming e gogne online della serie: sputa anche tu al ladro con un click. In tutte le piazze maxi-schermi con la sua faccia sfigurata dalla rabbia e migliaia di persone ad ascoltare. Come una sit-com dell’odio una marea di frustrati sbraitava e urlava “affanculo!” a comando. A differenza delle sit-com quelle erano urla vere e chi sbraitava era pericolosamente vivo. Quando fu abbastanza numeroso l’esercito di automi marciò su Roma.
(I suoi soldatini marciano sempre ordinati, mangiano rapidi pasti vegani, leggono mille voci su Wikipedia in pochi minuti, ne aggiungono altre, inseriscono un commento negativo a una legge appena pubblicata sul sito del ministero, scaricano l’ultima fiction porno della tv pubblica con mamme al seguito, eiaculano, e tutto ciò in soli due minuti). Leggi il resto dell’articolo

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“Bagatelle”, Scrittura Industriale Collettiva

In vista della prossima uscita di In territorio nemico, aka “Grande Romanzo SIC”, continua la pubblicazione su Scrittori precari dei racconti scritti col metodo SIC, in una versione interamente revisionata e corretta. È oggi il turno di Bagatelle.

Bagatelle è il sesto racconto SIC. Conta poco meno di sedicimila battute, e ha richiesto tre anni di lavorazione (2008-2011). È un racconto fantastico in cui si delinea la storia della civiltà occidentale dalla rivoluzione industriale a oggi, attraverso le trasformazioni del gioco da tavolo “bagatelle”, antenato dell’odierno biliardo. È stata la prima produzione SIC a vedere il coinvolgimento degli scrittori nella definizione del soggetto (attraverso il generatore di pagine Wikipedia casuali wikirandom.org, appositamente sviluppato), e a prevedere il defacement di una pagina di Wikipedia (quella, appunto, sul bagatelle. È leggibile a questo indirizzo la versione deturpata). Il direttore artistico della produzione, Magini, non ha mai letto la versione definitiva, poiché Santoni, editor, modificò più del 70% del testo per renderlo, a suo dire, “comprensibile”.

Versione scaricabile: Bagatelle (PDF).

Bagatelle

Direttore Artistico: Gregorio Magini
Scrittori:
Daniela dell’Olio, Francesco D’Isa, Umberto Grigolini, Matteo Salimbeni, Luciano Xumerle
Editing: Vanni Santoni

La festa d’inaugurazione del Petit Château languiva. Nella sala guarnita di pizzi e parrucche, il Re si annoiava e non rideva. I cortigiani si annoiavano ma ridevano. La Regina si annoiava, rideva e mostrava i lussi del castello. Il Re riunì le palpebre a convegno e si addormentò.
Venne il Conte D’Artois, la fronte sudata, il fare deciso. Con sé un tavolo. Nel tavolo delle buche, inframezzate da chiodi. Tra i chiodi e le buche, delle biglie. La Regina si atteggiò curiosa. I cortigiani si assembrarono. Il Conte cadde con lo sguardo nella scollatura della Regina, ma subito si ricompose:
– Vostre Maestà, Mie Signore, Signori, vi presento il Babiole!
– Foggia curiosa!
Il Conte illustrò il Babiole. Il tavolo, i chiodi, le buche, le biglie. I cortigiani ascoltarono. Le biglie andarono in buca. La Regina rise. Il Re alzò le palpebre; ricordò. Era autunno; il giovane con la fronte sudata era suo fratello; era festa; sua moglie era austriaca. Sospirò. Si riaddormentò.
Il gesto parve un responso. Il Conte s’innervosì.
– Avete capito? Ogni biglia ha una buca. Ogni buca è un punto. Ogni punto è un Babiole!
Ma nessuno giocò. Nell’eco di un brusio, la sala già si muoveva a riprendere le libagioni. La Regina emanò un profumo di lavanda e rise annoiata. Leggi il resto dell’articolo

Commiato

Ogni commiato è una sottile declinazione della rinascita: nel concretizzare una fine, già profuma di inizio. È solo per questo che non mi rattrista la fine del Manuale che ho intitolato alla perfezione dell’esser gasteropodo. Non infatti un percorso per espertizzare come strisciante, ma un’anatomia che rovisti nelle interiora di un gasteropodo “totale” e completo.
Perché il gasteropodo?

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Il futuro della scrittura collettiva

Vorrei partire dicendo che lo spunto per queste considerazioni nasce dalla conoscenza del progetto SIC di Magini e Santoni. In base a quanto m’è sembrato di capire di quel che ho potuto leggere, ho avuto l’impressione che il SIC si regga sui propositi di due (o chissà quante) persone preparate e appassionate: a differenza di molti altri progetti di scrittura collettiva attualmente in circolazione (spesso solo sussiegosi, tirannici o confusionari: decisamente scrittura truffaldina), Magini e Santoni hanno messo a punto un sistema logico, trasparente e – dote rara e preziosa – ragionevole. Posso non condividere i loro scopi e i loro presupposti, ma non posso non apprezzare la “gentilezza” con cui il SIC è strutturato: ognuno può, seriamente, contribuire grazie alla oggettività della “scheda”. E questo a me pare un contributo genuino alla scrittura. Trovo altresì che la presenza di un Direttore Artistico che esoneri l’autore dalla “integrabilità” sia salutare e azzeccata come soluzione organizzativa, mi preoccupa solo la sua importanza nodale: da lui dipendono davvero troppe cose, è lui che decide se un’idea è buona o no, quindi c’è da sperare solo che sia capace e intelligente. Infine è ottimo che ogni scrittore possa trovare il proprio utilizzo in base alle sue peculiarità. Stupendo. Detto ciò proverò a occuparmi, nei limiti di spazio e capacità, di questo argomento più in generale. O, meglio, a fare delle domande a cui non ho trovato una risposta. Leggi il resto dell’articolo

Il miracolo della rete

Vàtti a vedere sulla rete dov’è che abitano, in Italia, tutti quelli che di cognome fanno Codispoti: ce ne sono solo seicentosèi, son pochi, dopotutto, in confronto ai Rossi, per dire. O ai Neri. Una manciata sono nell’hinterland milanese; una mezzaluna fertile dalle parti di Roma, verso nord, ad occhio e croce tra Pescia Romana, Genazzano e Gaeta; un ciuffo sulla punta della Calabria.

Maurizio Codispoti da Catanzaro faceva il terzino sinistro per il Foggia, i satanelli rossi e neri, a cavallo tra gli Ottanta ed i Novanta: era uno di quelli che in tasca portavano il passaporto di Zemanlandia.

In quella squadra c’erano Mancini, Grandini e Codispoti; poi Matrecano e Consagra, un riccioluto Igor Shalimov, Barone che di nome faceva Onofrio, Dan Petrescu. E davanti, poi, le tre punte Rambaudi Signori e Baiano. Che poi la prima volta che l’ho sentito dire, Baiano, me l’ero immaginato brasiliano, non so perché, anzi sì: tutto quello che viene da Bahia è Baiano. Invece Ciccio di carioca aveva poco, fisico tarchiato e faccia da guappo, ci son rimasto abbastanza male, m’ero preso molto sul serio. Che se poi stessimo a prenderci sul serio, anche usare carioca come sinonimo di brasiliano sarebbe una mossa cassabile: il carioca è di Rio, ed è tanto brasiliano quanto il Baiano di Bahia. Ci sei rimasto male, tu?

Avessi avuto modo di connettermi alla rete, sarebbero successi mica di questi miracoli di stupefatta incredulità: Francesco Baiano (Napoli, 24 febbraio 1968) è un ex calciatore e allenatore. Ma questa è Wikipedia. Nemmeno c’è, Zemanlandia, su Wikipedia.

E insomma è il 1991. Ogni martedì del 1991 i giocatori del Foggia si arrampicano sui gradoni dello stadio Zaccheria. Poi scendono in campo e saltellano in mezzo ai copertoni. Con dei sacchi di sabbia legati alle caviglie. Sembra un addestramento militare, ed invece al posto del colonnello di ferro c’è un fumigante Sdengo Zeman.

Ve la sto mica a raccontare io, la storia del Foggia dei Miracoli. Tanti di voi c’erano, se la ricordano da sé. La peculiarità di quella squadra era che tutti erano utili, nessuno indispensabile. I grandi campioni: ma anche no. Gl’emeriti sconosciuti, i gregari, i veterani che avevano fatto la scalata dalla C: i benvenuti. Purché facessero rete. Purché facessero le reti.

Nessuno escluso, tantomeno Maurizio Codispoti da Catanzaro.

Firenze, terza giornata di campionato: la faccenda si mette subito male, Codispoti è in tutt’altre faccende affaccendato, attanagliato da Maiellaro, Borgonovo e Batistuta che gli cuciono il timore addosso; poi arriva Faccenda e sbèm, è chiara la faccenda, no? Ma a Zemanlandia c’era un embargo sulla prevedibilità, e nel giro di tre minuti, dal sessantaduesimo al sessantacinquesimo, il risultato si ribalta: Petrescu, e poi lui. Codispoti.

Che poi uno era lecito si chiedesse ma chi caspita sono, questi undici sottospecie di giocatori? Non li conosceva nessuno, nomi mai sentiti, eppure la domenica scendevano in campo e ti stupivano, si stupivano: mai accezione di gioco del calcio era stata più calzante.

Ora ti dico altri nomi che magari non ti pisipigliano niente all’orecchio: eNZO, benty, massi; cyb, il Many, cratete; Ciocci, Sabrina, diegodatorino. In panchina, fumante come una femmina fumante (cit.), simone rossi. Che non ha lo sguardo torvo di Zeman, magari. Che non è il nipote di Vycpalek, magari. Ciononostante: benvenuti a simonerossilandia.

Lo Zaccheria, nel gioco che giochiamo, si chiama FriendFeed; il pressing a zona lo ribattezziamo strascico, che poi è il prossimo miracolo della rete.

Ne esce fuori un racconto scritto con le mani sui fianchi, serissimo e letto da Pucci, un racconto che sta al quattrotretré zemaniano come le mie sforbiciate alla bi-zona di Oronzo Canà.

Ve ne dico un altro, di nome che magari non conoscete: Emanuele Ercolani. Ragassuòlo vulcanico, uno che per dire fa i diggèiset con la maschera da luchador messicano e poi fa dell’arte grafica ed insomma è un gran piacere, frequentarlo, secondo me è più simpatico di Maurizio Codispoti da Catanzaro.

Viene dalle Marche zozze, Emanuele, che un giorno m’ha detto facciamo un libro insieme, facciamo rete, ci siam messi lì ed abbiamo concepito il primo street book al mondo, credo o almeno mi piace pensare, il primo singolo di un libro: tre pezzi e tre strumentali, tre racconti e tre illustrazioni, i racconti ce li ho messi io e parlano di calcio e son mozzichi di sforbiciate: Sfo’!, infatti, si chiama, ed è un aggeggino da collezione, stampato in edizione limitatèrrima che se lo vuoi pure tu basta mi scrivi una mail a gabriellifabrizio chiocciola libero punto it e ti dico come fare per. Non lo trovi in libreria, per dire, se lo vuoi ti tocca andare sulla rete, sia tu di Foggia o di Bolzano o di Catanzaro.

Dov’è il miracolo?

Fatevelo dire da noialtri che si vive a Civitavecchia, con le madonne lacrimanti sotto casa: è là, sulla rete, che succedono i miracoli, mica altrove.

 

Fabrizio Gabrielli

Scrittrice: tu m’hai provocato… e io te distruggo!

ovvero la seduzione nell’epoca della riproducibilità virtuale

 

 

«Sono appena tornata da Berlino e sto scrivendo un’autofiction in cui mescolo le cose vere che mi sono capitate con fatti inventati».

«Brava! Fai bene a scrivere. In questo paese c’è un bisogno viscerale di scrittrici di qualità che trattino la materia politica attraverso la metastoria, cioè che travestano di finzione l’urgente necessità di mimesi. Se poi sei un cervello in fuga che ha scelto di rientrare e ora sei precaria chissà quante osservazioni acute potrai fare sulla realtà che hai trovato qui. Questo è un paese disastrato, è fondamentale narrare la diversità, l’altro, attraverso la rappresentazione di eventi anche finzionali che però trasmettano un senso di denuncia».

«Veramente ero in Erasmus»

«Bene! È importante che si continui a parlare di Erasmus, perché è la porta che si spalanca davanti ai nostri studenti disillusi e li proietta in realtà ricche di stimoli, in paesi dove la democrazia esiste davvero, mica come qui, che siamo in balìa di Ramsete II e della sua corte di nani e ballerine, in senso letterale, eh? mica metaforico. Mi sembra fondamentale che voi giovani trasmettiate a questo paese marcescente l’idea forte che voi avete altre opportunità, che Internet vi ha liberati da vincoli secolari, che il mondo è un a clic di distanza da voi e che abbandonerete questo paese alla ricerca di nuove opportunità, di nuovi modi di fare cultura e di nuove libertà di espressione. Chi vi ferma a voi? Siete il futuro! Bravi, andate e riportate indietro la democrazia».

«Veramente è una storia d’amore».

«Ah sì? Be’, mi fa piacere che questa nuova generazione anche se così tecnologizzata sappia ancora narrare l’amore, in questo mondo così cupo, in cui le coppie si separano presto e nessuno fa più figli. Siete il futuro, è bello vedervi innamorati».

«La trama racconta di lei, che poi si chiama come me perché è un’autofiction, che si innamora di un tossico a Berlino in un centro sociale. Insieme fanno un sacco di esperienze, la più importante, che poi è l’episodio centrale del libro, è quando a lei finisce la borsa Erasmus, e i suoi non possono mandarle soldi da casa, perché è figlia di operai (questa è la parte di finzione, io sono figlia di dirigenti di azienda, ma mi pareva fico farla di estrazione proletaria, così è più credibile anche quello che segue). Insomma, lei è innamoratissima di lui, e decide di prostituirsi per procurare la droga ad entrambi. Però alla fine è una storia di redenzione».

«Splendido! Bisogna infondere fiducia nel futuro, e lasciare che anche nelle esperienze più cupe il lettore possa immaginare una via d’uscita. Insomma, bisogna essere positivi, altrimenti qui si soffoca nella depressione. E hai intenzione di pubblicarla?»

«Embè, sì, mica scrivo pe’ sticazzi. Si fatica a scrivere, eh? È un lavoro. Sono come Hemingway, mi chiudo in camera almeno quattro ore al giorno con i tappi nelle orecchie e scrivo, scrivo, scrivo. Sto studiando molto, ho ripreso in mano i classici della letteratura perché voglio scrivere una storia lunga, che venga fuori un tomo di almeno quattrocento pagine con moltissime citazioni. La mia idea sarebbe di pubblicarla con un grosso editore, perché mi hanno detto che la mia prosa è molto lirica e profonda, molto convincente, e che quello che racconto avrà vasta eco di pubblico. Sto sviluppando l’episodio centrale, quello in cui lei si prostituisce per lui, che ovviamente è finzione. Anche se devo dire che attraverso la scrittura vivo situazioni che mi mancano, che vorrei davvero avere sperimentato. Ho preso spunto da William Blake, mi ispiro alla sua lingua oscura, al suo registro visionario».

«Caspita, come ti esprimi bene! Però mi dà l’idea che sarà un romanzo molto difficile, sei sicura che qualcuno lo vorrà leggere? Hai sentito un agente letterario?»

«No, vado su facebook».

«…?»

«Lì ho incontrato la mia guida, quello che mi consiglia e a cui posso chiedere tutto. È un grande scrittore, uno con cui ci si può davvero confrontare».

«E allora com’è che sta su facebook?»

«Guarda che se non sei su facebook non sei nessuno, e poi è quello il luogo della cultura alternativa, solo lì si possono incontrare gli scrittori davvero impegnati. Quelli a cui i media non danno spazio. Ha detto che quando l’ho finito mi piazza dall’editore Supermega».

«Ma non era alternativo?»

«Oddio!! Non segui i dibattiti!! Cosa c’entra essere alternativo e pubblicare con Supermega?? … Ehm.. Cioè… Cos’è che dovevo dire? Ah, sì: è più nobile se si pubblica con un piccolo editore, però se mi intervista Mediaset mica je dico de no, non vorrai mica togliere a quei pezzenti sottoproletari che guardano il TG5 l’opportunità di sentire un po’ de cultura?»

«Scusa, ma la tua protagonista non era di estrazione proletaria?»

«Sì, vabbè, che c’entra, tanto queste cose rimangono fra noi».

«Eh… Scusa ma tornando al tipo di facebook, ti piazzerebbe da Supermega in cambio di cosa?»

«Ma di niente! Lui mi adora, sono la sua scrittrice preferita».

«Ma se non hai ancora pubblicato?!»

«Eh, ma certi esperti sono in grado di valutare il valore di uno scrittore anche da una chat o da quello che si scrive sul profilo di facebook».

«Ma sei sicura che vuoi fare un tomo strampalato di quattrocento pagine perché te l’ha detto uno su facebook? Non sarebbe meglio se cercassi di scrivere come ti viene naturale e che ti facessi consigliare da un bravo agente letterario?»

«Non capisci proprio niente! Cosa credi, che gli agenti letterari leggano i manoscritti alla cazzo? Leggono solo quello che gli segnala Tizio che sta su facebook!»

«Ah ok. Sai, è che non ho mai cercato di pubblicare niente, anzi non scrivo proprio. E Tizio lo hai mai incontrato dal vivo? Dico così, solo per sapere se esiste veramente».

 

«Che sospettosa. Comunque, no, è troppo preso. Ma lo sento spessissimo in chat, mi dà molta attenzione. E poi mi commenta il profilo su facebook»

«Senti, mi rendo conto che sono un po’ indietro, ma non è che questo qui non ha un cazzo da fare e ti racconta delle gran balle tanto per esercitare un po’ di seduzione? Dico così per dire, sai, non ti offendere, è che questa cosa mi ricorda vagamente Baudrillard…»

«Chi?»

«Un sociologo francese. Lo trovi su Wikipedia. Vabbè, ci si becca».

«Sì, ciao. Però iscriviti anche tu a facebook, così te lo faccio conoscere!»

«»

Claudia Boscolo