Montecitorio Wrestling Federation /8

[Puntate precedenti: 123 – 4 – 5 – 6 7] (“Tecnicamente” questo è l’ultimo episodio)

di Matteo Pascoletti

Le rivalità (feud) più importanti e in grado di catturare e mantenere facilmente l’interesse del pubblico sono quelle centrate sui titoli di federazione, rappresentati da cinture. Se lo show simula una competizione, deve esserci un vincitore, e il più bravo tra i vincitori deve avere un simbolo che esprima questo status. Il simbolo è la cintura di Campione. In genere le cinture messe in palio (naturalmente per finta, trattandosi di match sceneggiati) sono quella di Federazione o di Campione del Mondo (per federazioni abbastanza importanti, come la WWF), la cintura dei titoli di coppia (tag team) e una cintura secondaria con titolo di minor prestigio, come Campione Intercontinentale, Nazionale, o Pesi Leggeri, che serve per feud in cui far lottare le giovani promesse, in prospettiva di un lancio, prima o poi, nel feud per il titolo di Campione. La scelta del campione da parte del team di sceneggiatori (booking team) è fondamentale. Il regno di un Campione è destinato a influenzare i tipi di feud: se il Campione è un cattivo (heel), i feud con i pretendenti al titolo saranno caratterizzati da match scorretti o violenti, magari annullati per squalifica; ci saranno agguati e tradimenti, e tutta una serie di espedienti per far capire al pubblico che, nonostante i buoni (i face) siano più abili e meritevoli, la disonestà degli heel purtroppo talvolta paga. Se c’è da lanciare un promettente face nel ruolo di main-eventer, allora la scelta di un Campione heel sarà azzeccata. Viceversa un Campione face può essere una buona occasione per far cambiare allineamento a un altro face, che magari, roso dall’ambizione, diventa cattivo e prova la scalata al titolo, oppure per un lungo e spettacolare regno in cui, a mano a mano che il beniamino del pubblico esce vittorioso dai feud, la vendita del merchandising premia la scelta del booking team e le casse della federazione. Leggi il resto dell’articolo

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Montecitorio Wrestling Federation /7

[Puntate precedenti: 123 – 4 – 5 – 6]

di Matteo Pascoletti

Lo stile di vita imposto dal wrestling è logorante, paragonabile a quello vissuto da una rockstar continuamente in tour, ma con un maggior rischio infortuni. In genere un wrestler, raggiunti i quarant’anni, entra nell’ottica del ritiro oppure del semi-ritiro. Un wrestler di comprovata esperienza e con un buon impatto nel backstage della federazione ha magari abbastanza potere contrattuale per concordare un calendario ridotto di impegni, evitando di farsi dare un benservito per raggiunti limiti di età e di fisico. Con un simile accordo la federazione così non perderà un beniamino del pubblico e un wrestler di esperienza che può fare da ‘chioccia’ o da mentore ai nuovi arrivati; il wrestler continuerà ad avere un contratto di lavoro, non sarà costretto a reinventarsi una vita, e continuerà a soddisfare la sua dipendenza da luci della ribalta. Di solito i semi-ritirati lottano per pochi mesi o settimane all’anno, oppure diventano commentatori a bordo ring, o general manager, in modo da ridurre al minimo essenziale l’attività sul ring. Leggi il resto dell’articolo

Montecitorio Wrestling Federation /6

[Puntate precedenti: 123 – 4 – 5]

di Matteo Pascoletti

Un lottatore che desideri un brillante avvenire, oltre al fisico e alla tecnica, deve sviluppare la mic skill, la capacità di parlare al microfono. Nella finzione del wrestling (kayfabe) le rivalità richiedono infatti i combattimenti sul ring, ma non sono sufficienti a creare una storia che spieghi per quale motivo i due wrestler vogliono combattersi e mostri al pubblico chi è il buono (face) da tifare. Servono dunque segmenti di vario tipo in cui i lottatori coinvolti nella rivalità parlano al microfono. Oltre a classiche interviste, ci sono i promo, segmenti registrati in cui il wrestler fa proclami di vario tipo, a seconda della gimmick: leggendari i grotteschi promo di Ultimate Warrior in cui il lottatore sproloquiava a tutta enfasi, blaterando a proposito di forze sovrannaturali, divinità di incerta natura e spiriti di antenati, inserendo qua e là il nome dell’avversario di turno. Oppure ci sono gli angle, confronti verbali sul ring che di solito si concludono con tafferugli, o assalti a tradimento da parte di un wrestler di allineamento heel, utili per far salire l’attesa e il coinvolgimento del pubblico (hype) verso il futuro match. Un tipico particolare di segmento, quasi uno show nello show, è riservato ai wrestler con la miglior mic skill, veri e propri animali da palco in grado di calamitare col proprio istrionismo e la parlantina l’attenzione di un’intera arena. Questi segmenti simulano sul ring dei veri e propri talk show, dove il wrestler intervista altri personaggi della federazione, oppure fa dei lunghi siparietti in cui arringa il pubblico. Sono segmenti con nomi accattivanti e cool, dove il ring è arredato con alcuni accorgimenti scenografici per sembrare uno studio televisivo. Un classico esempio è il Peep Show condotto da Christian, che nel video vediamo confrontarsi con Batista. Leggi il resto dell’articolo

Montecitorio Wrestling Federation /5

[Puntate precedenti: 123 – 4]

di Matteo Pascoletti

In quanto spettacolo il wrestling riflette la società in concreto, e non come concetto. Differenti società hanno differenti tipi di wrestling. Il rapporto è analogo al teatro: il teatro giapponese è molto diverso dal teatro italiano, che a sua volta è diverso dal teatro inglese.
Perciò il wrestling americano è differente da quello messicano, noto come lucha libre (“lotta libera”). Le principali differenza tra wrestling e lucha libre sono nello spirito alla base dell’incontro e nella fisionomia del lottatore. Nella lucha libre sono frequenti i lottatori mascherati, ma al di là della gimmick e del vestiario la maschera ha un valore totemico e antropologico. La maschera è il lottatore e il lottare è la maschera: indossarla significa diventare qualcosa di più di un uomo col volto coperto. Un lottatore cui viene tolta la maschera durante il combattimento, o a cui viene tolta come stipulazione del match, è un lottatore che perde parte del suo prestigio, della propria forza, e in qualche modo avrà bisogno di recuperare prestigio agli occhi del pubblico. È un Sansone cui sono tagliati in pubblico i capelli. Se indossasse la maschera la sera successiva, il pubblico vivrebbe l’evento come la violazione di un tabù, non come una semplice rottura della kayfabe.

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Montecitorio Wrestling Federation /4

[Puntate precedenti: 123]

di Matteo Pascoletti

Nel wrestling un aspetto centrale della kayfabe è riassumibile nella frase “vendere le mosse”. Poiché i colpi che i lottatori si scambiano sono una finzione finalizzata allo spettacolo e non a un reale scontro, come avviene per esempio nel pugilato o nella lotta greco-romana, il wrestler che subisce una mossa deve dare al pubblico l’impressione di accusare il colpo, imparando come e quanto esagerare. Se la mossa è particolarmente atletica, o mira a parti del corpo che nella realtà sono più vulnerabili, come la testa, la capacità di fingere mostra tutta la sua importanza. Un calcio volante alla testa che passa come una folata di vento addosso al wrestler colpito può infrangere la kayfabe, danneggiando lo spettacolo.
Indicative di questo scarto tra necessità di spettacolarizzare i colpi e danno effettivo sono le mosse di sottomissione. Chi le compie di solito non fa altro che afferrare blandamente uno o più arti dell’avversario: a creare l’illusione complessiva sono le facce sofferenti, il volto rosso per lo sforzo fisico intenso, le urla di dolore o l’agitarsi per cercare di uscire dalla presa; in questo modo le mosse di sottomissione sembrano tecniche micidiali e pericolose. Vediamo nel filmato una classica armbar, una mossa in cui nella kayfabe Del Rio afferra e torce il braccio di Rey Mysterio fino a farlo cedere.

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Montecitorio Wrestling Federation /3

[Puntate precedenti: 1 – 2]

di Matteo Pascoletti

La situazione di due uomini sul ring che fingono di lottare, ripetuta più volte in una sera con diversi contendenti, e ripetuta per una o più sere a settimana durante un intero anno, può alla lunga risultare monotona. Ciò a dispetto della bravura dei booker e dei lottatori, e a dispetto della qualità dei siparietti recitati (gli angle). Una federazione del resto ha un numero limitato di lottatori, per cui i protagonisti dei feud sono destinati a incontrarsi di nuovo. Per far sì che ciò avvenga il più tardi possibile, si ovvia in genere in quattro modi.
Il primo modo è ingaggiare lottatori nuovi, anche per far fronte a eventuali infortuni, o per migliorare la qualità dello show.
Il secondo modo è il cambio di gimmick. Non è necessario che il lottatore cambi da face a heel o viceversa, per il cambio di gimmick. L’importante è che anche qui ci sia una motivazione che mantenga la kayfabe. Un cambio di gimmick modifica i match del lottatore, perché una gimmick diversa solitamente comporta una diversa finisher e differenti mosse tipiche.
Il terzo modo è il turn: un wrestler face diventa heel, o viceversa. È necessario che il cambiamento sia giustificato, altrimenti la kayfabe sarebbe compromessa. Per esempio due lottatori face, di solito grandi amici e membri della stessa stable, possono litigare perché entrambi innamorati della stessa donna, anch’essa lottatrice della federazione, e iniziare una rivalità: i litigi proseguono anche durante gli incontri, finché uno dei due, per gelosia, non decide di barare per far perdere l’amico, oppure arriva ad attaccarlo a tradimento. Il turn heel è allora servito. Questo cambia la dinamica dei feud del personaggio, anche perché recitare il ruolo del cattivo richiede capacità diverse rispetto a recitare il ruolo del buono. A volte i booker si limitano a giocare sul filo del turn, vedendo di serata in serata le reazioni del pubblico mentre l’allineamento del lottatore si muove entro la zona grigia che precede il cambiamento; questo permette ai booker di capire se il turn convenga o meno, rivedendo all’occorrenza i piani. Leggi il resto dell’articolo

Montecitorio Wrestling Federation /2

[Episodio 1]

di Matteo Pascoletti

Il mantenimento della kayfabe riguarda ogni aspetto dello show. Sul ring l’arbitro è un attore esattamente come i wrestler, sebbene con compiti diversi. Oltre agli aspetti più ovvi del ruolo, ossia recitare la parte di un arbitro nella rappresentazione di una lotta, deve accentuare la drammaticità dell’incontro, ad esempio separando i due lottatori nelle fasi più concitate, oppure controllando che un wrestler colpito duramente al volto sia in grado di continuare lo scontro. Inoltre dà istruzioni ai due lottatori quando è abbastanza vicino da poter parlare senza essere notato dal pubblico, avvertendoli che l’incontro deve finire a breve. Il pubblico non deve accorgersi di nulla, altrimenti sarebbe compromessa la kayfabe, e con essa la qualità dello spettacolo: come se a un prestigiatore il coniglio cascasse per terra prima di essere misteriosamente tratto dal cilindro. Leggi il resto dell’articolo

Montecitorio Wrestling Federation

di Matteo Pascoletti

Niente, è un pezzo molto tecnico in cui parlo di politica e wrestling, cercando una sintesi che giustifichi il “Niente” a inizio periodo.
Che poi non va di moda mescolare politica e tecnica, perché m’insegnano essere una contraddizione in termini. Mi insegnano che se è tecnico non è politico, che oggi in Italia il governo tecnico è arrivato perché la politica in Italia ha fallito. Mi insegnano che il governo tecnico ha avuto il voto dei politici che hanno fallito, votati dai cittadini non votati da nessuno e quindi pure un po’ presuntuosi. Chi li manda questi cittadini elettori non eletti eh? Per colpa loro abbiamo un governo tecnico che proviene da nessuno e da una manica di falliti.

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