Mai abbastanza lontano da me – #TUS3

Foto: Agn/Infophoto

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Matteo Grimaldi è stato tra gli autori che hanno partecipato a reading Torino Una Sega 3, che si è tenuto l’11 ottobre al Caffè Notte. Proponiamo il suo testo Mai abbastanza lontano da me.

Ho deciso di partire quando l’unica certezza e avvertimento era quello di restare lontani dalle proprie case che, dopo aver cullato il sonno per anni, si erano improvvisamente trasformate in infami trappole mortali. L’ho fatto il nove aprile, mandando affanculo la terra che continuava a tremare ogni mezzo minuto e, se ogni mezzo minuto si annienta il respiro, muori un po’ di più. Ho mandato affanculo mia madre, che non la smetteva di urlare e io ero troppo provato per sopportarla ulteriormente, come quelle poche costruzioni all’apparenza rimaste integre, senza nemmeno una crepa, che poi basta un’altra scossa, anche di minore intensità, per farle cadere giù come un castello di carte abbattuto dalla zampa di un gatto, perché la crepa ce l’avevano dentro. Mia sorella, che urlava di più per farla tacere. Mio padre, che non muoveva un dito. Ho mandato affanculo quegli edifici incapaci di tenersi su. Chi li ha progettati e costruiti, prima ancora che alle fondamenta e alle colonne portanti e ai tramezzi e al tetto, ha disegnato la sequenza di azioni meno compromettenti per far finire nelle proprie tasche il maggior numero possibile di banconote di grosso taglio, sottraendo a una struttura che nessuno avrebbe notato carente, ma che poi la zampa di un gatto, pure cucciolo, si sarebbe dimostrata più che sufficiente a rivelarlo al mondo. Ho mandato affanculo la vita, perché tanta gente aveva il proprio sole da cui farsi riscaldare e, senza avvertimenti, si è ritrovata soffocata dal gelo della solitudine. Ho mandato affanculo me, per tutte le quattro ore di viaggio. Me, che acceleravo per raggiungere chissà quale illusione, mentre creavo e nutrivo chilometri nella convinzione che mi avrebbero fatto stare meglio.
Il terremoto non posso cambiarlo e neanche la casa dello studente posso cambiarla, come non posso cambiare Onna o Paganica o Castelnuovo o il centro storico o la Basilica di Collemaggio, dove ogni fine agosto andavo a chiedere perdono a Dio, prima di passare sotto la Porta Santa e potermi sentire libero di sporcare nuovamente la mia coscienza, appena ripulita dai peccati dell’anno. Non riesco a ricominciare a pregare.
Di solito, quando mi capitava qualcosa che mi buttava giù, riappariva, come una dolce ultima spiaggia, la preghiera. Male che vada lo chiedo a Dio, dicevo spesso. Provavo a convincerlo a farmi capitare qualche buon vento, che spingesse nella vela e mi trascinasse fuori dal pantano. Credo che per una volta sia Lui a doverci delle scuse, non per il terremoto in sé, considerato che non ci siamo trovati di fronte alla terra che si apriva e risucchiava tutta la popolazione al suo interno, ma ad una scossa di 5.8 della scala Richter. Una di quelle che nel resto del mondo sanno combattere. Scuse per non aver fatto sparire tutta la sabbia del mare, quella che qualcuno ha avuto l’idea di mischiare al cemento, perché le basse temperature della notte non lo facessero gelare. Le controindicazioni non interessano a nessuno. Troppo remote per contare qualcosa nel gigantesco calderone delle considerazioni causa/effetto/convenienza che i potenti valutano prima di qualunque scelta che li veda coinvolti.
Una bilancia dagli aspetti molteplici che stanno in equilibrio quasi mai dalla parte più giusta per tutti e quasi sempre da quella più fruttuosa per pochi. Non soltanto l’Abruzzo, ma una parte consistente del centro-sud è seduta su un letto di cemento impastato con la sabbia del mare. Imbracato da un’anima di ferro che il sale della sabbia si è mangiato con il tempo, rendendolo sottile e fragile come uno stuzzicadenti. È per quella sabbia creata per scottare i piedi in spiaggia e per modellare trasparenti cavallini di vetro o castelli sul bagnasciuga che, se si sciolgono portati via dalla schiuma di un’onda, non smetterà di respirare nessuno.
Per quegli uomini, ai quali chiederei di passare una sola notte in una delle loro case dichiarate agibili, e per quel sale, Dio ci dovrebbe delle scuse.

One Response to Mai abbastanza lontano da me – #TUS3

  1. chicchina says:

    Sempre diretto e preciso,Matteo.una bella pagina,di vita vera e di considerazioni calzanti.Non racconta mai per caso.

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