Potere alle storie – Liguori intervista Santoni

di Gianluca Liguori

Ho incrociato per la prima volta Vanni Santoni su myspace, era il 2008: incollava con costanza impressionante l’immagine di copertina e lo spottino de Gli interessi in comune su ogni bacheca; spuntava dappertutto.
Dopo esserci scambiati qualche mail e partecipato a un’antologia insieme, ci conoscemmo di persona, l’aprile dell’anno successivo, a una presentazione de Gli interessi in una libreria a San Lorenzo. Lo invitai – quella stessa sera avevamo un reading al Simposio – a venire a leggere un paio di brani insieme a noi. Così, dopo un kebab dal Sultano, Santoni e le sue storie conquistarono il pubblico di Scrittori precari. Quello che più lo sorprese fu la capacità di quattro autori sconosciuti di organizzare reading seguiti da un pubblico attento di trenta-quaranta persone; a Firenze, disse, era una cosa impensabile. Si finì, dopo la lettura, a tirar mattina, pub dopo pub, cercandone uno nuovo man mano che chiudevano, mentre si chiacchierava di New Italian Epic e Wu Ming, Saviano e Cosentino, blog e romanzi e scrittori e letteratura. Da allora, ogniqualvolta gli era possibile, Vanni era presente ai nostri reading. E così, quando Dimitri ideò Trauma cronico, lo volle nella banda, malgrado poi abbia potuto prendere parte soltanto a due performance. In questi anni di reciproche letture e continuo scambio di idee, oltre alle numerose collaborazioni, è venuto a crearsi anche un bel rapporto d’amicizia. E dal momento che i tipi di Tunué gli hanno affidato una nuova collana di narrativa italiana, ne approfitto per fare – in questo ultimo post del 2013 – una chiacchierata con lui per i lettori del nostro blog.

GL: Ciao Vanni, a che punto è la tua clonazione? Scrivi sul tuo blog che stai lavorando a tre romanzi, ad aprile esce il romanzo SIC e scrivi sul Corriere Fiorentino, su Orwell e su numerosi blog (SP, NI, MM). Quando dormi? Leggi il resto dell’articolo

Brevi consigli di lettura

Per Natale vi suggerisco due libri recenti che, nella loro diversità, mi hanno colpito molto per la forza della scrittura. Si tratta di letture per nulla concilianti, che magari vi aiuteranno durante questo periodo di buonismo sfrenato. Regalateli e regalateveli per non addormentarvi durante le lunghe digestioni che vi attendono: vi consiglio una dose di almeno dieci pagine dopo ogni pasto, per scrollarvi di dosso le calorie in eccesso.

Raffaella R. FerréInutili fuochi, 66tha2nd
Isabel FarahFunambole, Del Bucchia
Simone Ghelli
Da un anno e mezzo, come i nostri lettori più attenti certamente sapranno, scrivo recensioni di romanzi italiani su Frigidaire. Tra i libri recensiti quest’anno, mi sento in dovere di segnalare anche a voi due romanzi bellissimi, pubblicati da due case editrici che si contraddistinguono – cosa non facile di questi tempi – per qualità di catalogo; si tratta di due storie dolorose e profondissime, una ambientata nella provincia bresciana e una in costiera amalfitana, scritte da due autori, entrambi campani, che dimostrano di avere il registro del grande scrittore e – ne sono certo – doneranno ai lettori italiani (e spero non solo) enormi soddisfazioni. Da leggere, rileggere e regalare.

Gianfranco Di Fiore
, La notte dei petali bianchi, Laurana
Luigi Pingitore, Tutta la bellezza deve morire, Hacca
Gianluca Liguori

L’asino Bu e la vecchia lumaca – #fiabebrevichefinisconomalissimo

 di Francesco Muzzopappa

L’asino Bu viveva nella vecchia stalla di mastro Fornaio, il più bravo panettiere di Casal Borgone.
Il suo pane era profumatissimo e l’intero paesino si svegliava al mattino con questo intenso profumo di buono.
Tutti tranne Bu, essendo Bu privo di Leggi il resto dell’articolo

Governa ogni cosa*

di Jacopo Nacci

Barbelo, il cielo di Cherania, è alta e gonfia di nubi, un drappo color grafite trapuntato d’indaco attraverso il quale posso vedere i bagliori delle scariche che si sfogano nel pleroma. Ma da questa parte della cortina il fulmine non si manifesta, e io non avevo contemplato questa eventualità mentre la frenesia serrava il mio corpo nella navicella, mentre poneva nelle mie dita la combinazione corrispondente alla rotta per Cherania. E ora la mia ignoranza delle cose del fulmine e della natura del pleroma mi fa vergognare.

Naturalmente sono al corrente fin dall’età della ragione del fatto che il fulmine è, ma ciò è differente dal comprendere cosa il fulmine è. Non inizia vera comprensione del fulmine se non è il fulmine a sceglierci, e la vergogna che provo ora mi ricorda che la comprensione del fulmine non si può mai esaurire. Fino a pochi anni fa, quando il fulmine aveva già cominciato a manifestarsi nella mia vita ma ancora non mi aveva scelto, la natura del fulmine mi gettava in un profondo imbarazzo: negarne la nobiltà mi sembrava biasimevole e Leggi il resto dell’articolo

Ritorno a Canton*

di Francesco Terzago

19.00 [ora italiana] Padova non è più visibile alle nostre spalle. Nella campagna il cielo è degradato dal porpora al viola, l’orizzonte, in direzione di Marghera, ha il colore del petrolio – i lontani casolari con le barchesse, e gli alberi che li circondano, sono ridotti a sagome accucciate tra le fibre della foschia.

19.30 [ora italiana] Il Marco Polo ci offre una decina di minuti per il congedo. Non ci vedremo per quasi due mesi, dieci minuti di lunghi abbracci e brevi sorrisi. Alla mancanza ci si abitua. Sono i primi momenti, quelli a ridosso del distacco, nei quali ci si sente come un albero sferzato da una benna e poi tirato su.

19.42 [ora italiana] La mia valigia sfora di un kg il limite, me la fanno aprire. Tolgo qualche libro, il responsabile del check-in mi dice che, di sotto, ne hanno un’altra, di bilancia. I bagagli che superano i 30kg non vengono imbarcati. Secondo lui è colpa del sindacato. Leggi il resto dell’articolo

Giovannino e la barchetta – #fiabebrevichefinisconomalissimo

di Francesco Muzzopappa

Nel paese di Chiesa di Sotto viveva un tenero vecchietto gentile dai modi cordiali di nome Giovannino.
Sin da piccolo aveva imparato l’amore per il mare e per le barche.
Suo padre infatti, il signor Rapone, gli regalò una barchetta, che pian piano crebbe con Giovannino diventando prima peschereccio e poi yacht, con tanto di equipaggio e servitù.
Giovannino però Leggi il resto dell’articolo

(Come un sole) Verde

di Pierluca D’Antuono

Il mio amico leghista è affranto. Lui si fidava, ci credeva davvero. Mentre mi parla s’illumina di un rancore immenso che mi trasmette come una venerea tristezza che marcisce a 18 fotogrammi al secondo. Per tirarlo su non basta il solito giro notturno per i marciapiedi della Varese carioca alla ricerca del nostro sogno padano primigenio. Questa notte il mio amico leghista è troppo triste per esotismi predatori, ha solo voglia di silenzio. Per distrarlo ordino altri 2 Disaronno ma il Bepi dice no perché sono le 3 e il Caraoke sta chiudendo.
Il mio amico leghista vuole andare a Lugano come se fosse sabato sera ma poi inchiodiamo al bar dell’Agip che è aperto anche di notte ed è l’unico a quest’ora. I cessi sono spaziosi e sanno di clinica convenzionata, ma al bancone c’è un negrone e un po’ ci rimaniamo male, finché sentiamo che parla padano e allora ridiamo, guardinghi ma ridiamo. Ordiniamo 2 Disaronno e quello riempie per bene i bicchieri, almeno 3 volte di più di Bepi. L’amaro ci riscalda e il silenzio ci rilassa. Il negro legge la Padania e ci guarda ridendo come un negrone del cazzo. Il mio amico leghista non si diverte per niente, il suo rancore si trasforma in rabbia verde che mi trasmette come un’epatite fulminante e finalmente non è più triste immobilizzato ma incazzato agitato.
Il negrone sorride ancora, poi ci racconta una storia. Leggi il resto dell’articolo

La stanza dei nichilisti

di Andrea Frau

Giuliano Ferrara indossa dei boxer rossi con grossi pois bianco pus.
Se ne sta disteso a pancia in su, sopra un letto con le lenzuola bianche immacolate.
Il materasso a liquido amniotico è comodissimo, sembra di stare su una nuvola di fumo di sigaro.
Decine e decine di feti abortiti e risorti scendono dal cielo usando cordoni ombelicali come eliche.
I feti planano e atterrano dolcemente sulla sua grande pancia candida. Ferrara e i feti si abbracciano e rotolano nel letto tra le lenzuola. Ridono sereni, in pace.

Ferrara si sente solleticare la faccia e avverte dei dolori alla pancia come se qualcuno dall’aspetto anacronistico gli stesse punzecchiando la pancia con un bastone.
Oscar Giannino è chino su di lui, le due barbe si toccano. Giannino cerca di svegliarlo con colpetti di bastone sulla pancia.
Ferrara si sveglia.
“Il distacco della placenta, no!”
Giannino lo bastona sul sedere mordicchiando una carota.
Ferrara smette di urlare e frignare.
“Grazie Oscar, brusco ritorno alla realtà. Il mio sogno era totalizzante come l’Unione Sovietica; il tuo bastone, come i fatti d’Ungheria, mi ha ridestato dal sogno.”
“Mah”, risponde Giannino, “al massimo il mio bastone ti ha distolto dal sogno comunista come l’apertura dell’archivio Mitrokin. Tu non sai sognare. Il tuoi sono sogni fasulli, chiudi gli occhi ed è come se scrivessi una storia. Ti vuoi convincere siano sogni solo per sentirti più umano. È come se Freud avesse partecipato alla sceneggiatura di Inception.” Leggi il resto dell’articolo