Questi maledetti toscani

avantiveloceÈ|_2a+3aOK2Piano B edizioni inaugura la sua nuova collana di narrativa italiana Avantiveloce »| con Toscani maledetti, una raccolta di racconti curata dal giovane critico fiorentino Raoul Bruni. Toscani maledetti cerca di tracciare lo stato dell’arte del racconto in Toscana, da sempre una terra d’elezione di questa forma narrativa, dove con Boccaccio è nato il racconto occidentale moderno e dove, nel secolo scorso, esso ha raggiunto alcuni degli esiti più alti in ambito italiano (Papini, Tozzi, Palazzeschi, Pea, Tobino, per non fare che alcuni nomi). Leggi il resto dell’articolo

Fiori e pallottole – #gunstreet

di Domenico Caringella

Bella. Più che nelle fotografie. Più oggi – vedova, affranta, assediata dalle lacrime, scura, l’autunno alle porte – che in quel pomeriggio di sole alla stazione, estranei in attesa sulla banchina, con me che la spiavo.
Le parole del reverendo mi arrivano smorzate, monche; inutili. Scivolano nella fossa insieme alla terra, la potenza e la misericordia di Dio e del Cielo attraversano il legno della bara, ma sullo zinco rimbalzano.
Gli mancherà. A lei, all’altra lei che oggi non c’è, o se c’è non si vede. Agli amici. Mancherà un padre ai suoi figli. E dire che così poco sapete di lui. Perché voi dovevate solo viverci.
Io invece che dovevo ammazzarlo e che l’ho fatto, a sangue freddo, a distanza, alle spalle, per denaro, tutto di quell’uomo ho Leggi il resto dell’articolo

In libreria

di Ornella Spagnulo

imagesTrovare ciò che si cerca è un’utopia. Per non parlare di quando cerco un libro.
Milioni di milioni di libri allineati, ognuno con un suo titolo, non meno eloquente degli altri. Ogni autore ha quel nome e quel cognome strambo (perché tutti i nomi e i cognomi sono strambi) che rendono il libro, per osmosi, interessante. E quelle bandelle, come si chiamano le striscette di carta ai margini, sono messe lì a testimoniarne la validità.
I libri sono potenti: oggettini piccolissimi e dai colori sgargianti o sbiaditi, nuovi – quindi editi di recente – o di lontanissima fattura, libri usati (che hanno il fascino del libro moltiplicato all’ennesima potenza, perché ci si chiede chi abbia letto quel libro, quello stesso libro, prima di noi) e libri nuovi, magari da regalare, perché abbiamo visto la pubblicità o perché è di quell’autore, o autrice, che amiamo.
Quando non ho le idee decise, mi piace torturare il commesso della libreria. Sono normalmente ragazzi o ragazze giovani.
“Buonasera, vorrei un libro… non ho chiaro il titolo però”.
“Mi dica almeno l’autore”.
“Beh, già che si dia per scontato che sia di un uomo lo trovo offensivo”.
“Scusi, ha ragione”.
I commessi delle librerie non sono Leggi il resto dell’articolo

Vorticelle, che bontà

macaulay culkindi Andrea Frau

Tommaso Salvatori è un nome che ai più non dirà nulla.
Forse Tommy Brambilla suonerà più familiare: era uno dei protagonisti della sit-com Fininvest I quattro del quarto piano. Interpretava il figlio più piccolo della famiglia Brambilla, un vero peperino! Verso la metà degli anni ottanta ebbe un gran successo con lo spot delle spinacine “Vorticelle”. Era il bimbo che non riusciva a dire “Vorticelle, che bontà!”, prima diceva “Torvicelle”, poi “Votricelle”. Ora Tommaso ha quarant’anni, è alto 1 e 60, pesa 110 kg e ha ancora la stessa voce di quando aveva cinque anni.
Tommaso vive di rendita e sta tutto il giorno in vestaglia al buio senza mai aprire le finestre a rivedere vecchie puntate de “I quattro del quarto piano” abbuffandosi di Vorticelle. Passa le sue giornate su facebook a chattare con ragazzini e masturbarsi in web cam con la pancia appiccicosa di sperma e briciole di Vorticelle.
E’ un gran frequentatore di siti sulla Teoria della Cospirazione. È convinto che la setta dei Rosacroce stia dietro ogni mistero italiano rimasto insoluto.
Dalla morte di Pantani al disastro della Moby Prince, dalla strage della scuola di Brindisi all’incidente della Concordia, dal delitto di Cogne al fallimento dell’azienda produttrice delle Vorticelle, dalla scomparsa di Emanuela Orlandi alla sospensione della serie “I quattro del quarto piano”. Ogni settimana spedisce la stessa mail al Corriere della Sera in cui tra le altre cose sostiene di essere in possesso dei capitoli mancanti di Petrolio di Pasolini. Il titolo della mail è eloquente: “La pagherete”.
Le Vorticelle non sono più in commercio da circa vent’anni ma lui ha ancora le scorte omaggio.
Ha calcolato che mangiandone nove al giorno glie ne rimangono ancora per dieci giorni. E proprio tra dieci giorni, a scorte esaurite, ha deciso che si ucciderà. Leggi il resto dell’articolo

Movimento laterale

flipper anni 70di Marco Montanaro

Una che scopavo s’è sposata. L’ultima volta che sono tornato al paese me l’hanno detto. L’ho vista che passeggiava con uno e aveva un’acconciatura. Non faccio caso alle dita, agli anelli, allora ho guardato il tipo che era con me e lui fatto «Ah». Come se dovessi rimanerci. Me la sono immaginata subito con l’acconciatura di dopo, quella che viene col primo figlio. Io al paese scendo poco e lo faccio solo per mio padre. Che dice che sta male e poi non è vero. Su dove sto faccio lavori così, pesanti si dice, mi sono uscite due spalle e in paese non mi riconoscono. Porto la barba adesso e se qualcuno ricorda dice «Quando la tagli» anche se non mi vede da dieci anni. Mi piace che passo inosservato. Mi siedo nei bar e vedo quelli che fanno le stesse cose da anni e dicono le stesse cose alle stesse persone da anni e io posso starmene accanto a origliare tanto non mi vedono. E se mi riconoscono mi prendo il caffè offerto, mi alzo e me ne vado.

Mio padre fa finta che non ha capito che faccio questi lavori impossibili e allora se la prende che non scendo mai. Così dice. Invece finisce che scendo ogni mese che lui si fa male. Si spezza, dice. Io dico che è un vecchio e si spezza come i vecchi. L’ultima volta il piede. Ma ogni volta pare che è l’ultima. Stavolta l’ho trovato peggio del solito, è vero. «Sono di passaggio» ha detto, ma non ci credeva. «Siamo tutti così, stiamo tutti così» gli ho detto io. Eravamo al pronto soccorso e c’era una fila. Leggi il resto dell’articolo

Il principe cane e la regina Slovacca – #fiabebrevichefinisconomalissimo

di Francesco Muzzopappa

Nella lontana terra di Vastasia, c’era un principe con la faccia di cane e sua mamma, la regina Slovacca proprio non se ne faceva una ragione.
Come poteva un bel ragazzo come il suo figliolo avere quella brutta faccia di cane?
“Che fare?”, si domandava notte e giorno, lasciando al suo consorte tutto il resto delle faccende.
La regina in effetti era troppo occupata a chiedersi “che fare?” Leggi il resto dell’articolo

Parigi à passages – Passage Molière

passage moliere di Simone Olla

Sono un ricordo di luglio, se ci pensi: un vestito a righe con trame larghe di Chopin, Strauss e quel babette di Shostakovic. Sono diventato la mia ragnatela.
Oui.
Non chiudere, ti prego, quei begli occhi interessanti. Canto e danzo da stella a stalla: Tace il labbro / L’amo, dice il violin / Le sue note dicon tutte / M’hai da amar.
Julie mi dice che sono stonato ed è stretta al mio corpo. Danziamo un tempo solo nostro, beatamente esclusi, intimi nei movimenti.
Il nostro primo ballo fu un valzer, potremmo dire un giorno accarezzando il gatto davanti al camino.
Mi chiedi perché ascolto Dinu Lupatti – i valzer, poi. E ti rispondo che il respiro dei valzer di Brahms è corto; quindi non ti rispondo. Ma poi domando: conosci l’opera 39? Mi dici di sì. E io continuo a parlare e a danzare; quanto mi piace danzare, e quanto parlare: l’invitasion à la valse di Carl Maria Von Webber, ti dico all’orecchio, è quanto chiedo di ballare con te, Titine. Un giorno, mi rispondi, chissà. E danziamo. Magari, penso. La tua pelle sulla nuca è liscia. Non per pianoforte, mi dici, l’invito di Von Webber eseguito da un pianoforte solo mi addormenta. E continua la tua stretta, e quando prendo respiro per rispondere stringi più forte, tacendomi. Avrei voluto dirti che l’invito ai fiati del violino, all’inizio, è sfacciatamente cortese. E lo stesso, nel finale, è un invito al sonno. Leggi il resto dell’articolo

Buffalo – #gunstreet

di Domenico Caringella

Visto da qui l’Erie è solo una macchia scura, informe e dalla consistenza vaga; le luci dei traghetti i suoi occhi, le sirene dei rimorchiatori la sua voce. Alle mie spalle, il trench fradicio e sgocciolante di pioggia che se ne sta appeso accanto alla porta d’ingresso ora non è altro che la strana sorgente della versione in miniatura del lago che si sta allargando sul pavimento dell’ufficio.
I bagliori disordinati che riescono a forzare la finestra si spengono nella pozzanghera ai piedi dell’appendiabiti e il riverbero mi rimanda per un attimo l’immagine della stanza e della vita che ho passato qui dentro. A completare l’effetto ci pensano la notte che si avvicina e le nuvole del colore del piombo che si stanno mangiando il cielo.
L’indagine a cui ho messo la parola fine con tanto di Leggi il resto dell’articolo