Quando il comunismo finì a tavola

Riportiamo un breve estratto del nuovo libro di Fernando Coratelli, Quando il comunismo finì a tavola. Trentatré anni per smettere di mangiare bambini (Caratteri Mobili, 2011), dove si narra degli anni (dal 1978 al 2011) che hanno cambiato la politica italiana, e in particolar modo la sinistra: poco più di tre decenni esaminati alla luce di quattro tappe fondamentali (l’omicidio di Aldo Moro, la caduta del Muro di Berlino, i movimenti no global e i terribili giorni della crisi del 2011) e di due indicatori particolari delle mutazioni sociali (il cibo e la musica).

 

«Già, che succede dopo la caduta del Muro? Succede che stanno per farsi largo gli anni Novanta, succede che sta per invadere il nostro mondo il sorriso ebete di Arcore, succede che la Mafia alza il tiro, succede che gli Stati Uniti si mettono a fare guerra all’Iraq, succede che un poliziotto destrorso diventato magistrato mette a soqquadro la politica italiana, succede un mucchio di cose. Leggi il resto dell’articolo

ContraSens – Metà in metà

Poesia di Mariana Marin
Traduzione di Clara Mitola

Metà in metà

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Le 13 cose – anteprima

[Qui di seguito un’anteprima dal romanzo Le 13 cose (Neo edizioni), di Alessandro Turati, dai primi di marzo nelle librerie]

Ho ricevuto una lettera dall’Uganda. Una bambina di dieci anni mi ringrazia per il sostegno a distanza. Grazie a me, dice, può andare a scuola. Grazie a me, mi sembra di capire, ha imparato a leggere e scrivere. Mi dice e mi fa capire queste cose in inglese. Potrei essere contento, ma so che sarebbe eccessivo: ieri sera ho speso più soldi per ubriacarmi di quanti ne verso in tre mesi per la sua istruzione. Potrei farglielo sapere, potrei dirglielo. Magari in inglese.
Io parlo un po’ inglese perché nel 1994 alle Cinque Terre ho conosciuto due inglesi in un bar. Abbiamo parlato di Londra e del Principe Carlo. Alla fine, così per ridere, mi hanno offerto un intruglio nel quale c’era anche della birra e della schiuma violacea: loro sono sbarellati e si son messi a suonare la chitarra; io mi sono coricato in un angolo credendo di essere un Tuareg. Leggi il resto dell’articolo

Montecitorio Wrestling Federation /3

[Puntate precedenti: 1 – 2]

di Matteo Pascoletti

La situazione di due uomini sul ring che fingono di lottare, ripetuta più volte in una sera con diversi contendenti, e ripetuta per una o più sere a settimana durante un intero anno, può alla lunga risultare monotona. Ciò a dispetto della bravura dei booker e dei lottatori, e a dispetto della qualità dei siparietti recitati (gli angle). Una federazione del resto ha un numero limitato di lottatori, per cui i protagonisti dei feud sono destinati a incontrarsi di nuovo. Per far sì che ciò avvenga il più tardi possibile, si ovvia in genere in quattro modi.
Il primo modo è ingaggiare lottatori nuovi, anche per far fronte a eventuali infortuni, o per migliorare la qualità dello show.
Il secondo modo è il cambio di gimmick. Non è necessario che il lottatore cambi da face a heel o viceversa, per il cambio di gimmick. L’importante è che anche qui ci sia una motivazione che mantenga la kayfabe. Un cambio di gimmick modifica i match del lottatore, perché una gimmick diversa solitamente comporta una diversa finisher e differenti mosse tipiche.
Il terzo modo è il turn: un wrestler face diventa heel, o viceversa. È necessario che il cambiamento sia giustificato, altrimenti la kayfabe sarebbe compromessa. Per esempio due lottatori face, di solito grandi amici e membri della stessa stable, possono litigare perché entrambi innamorati della stessa donna, anch’essa lottatrice della federazione, e iniziare una rivalità: i litigi proseguono anche durante gli incontri, finché uno dei due, per gelosia, non decide di barare per far perdere l’amico, oppure arriva ad attaccarlo a tradimento. Il turn heel è allora servito. Questo cambia la dinamica dei feud del personaggio, anche perché recitare il ruolo del cattivo richiede capacità diverse rispetto a recitare il ruolo del buono. A volte i booker si limitano a giocare sul filo del turn, vedendo di serata in serata le reazioni del pubblico mentre l’allineamento del lottatore si muove entro la zona grigia che precede il cambiamento; questo permette ai booker di capire se il turn convenga o meno, rivedendo all’occorrenza i piani. Leggi il resto dell’articolo

L’economia come scienza umanistica /2

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L’ANTECEDENTE CONCETTUALE DEL SELF-MONITORING : TEORIA DEL SÉ ED IMPRESSION MANAGEMENT

Il costrutto del self-monitoring ritrova i suoi antecedenti intellettuali nella teoria classica del sé e, successivamente, nella formulazione delle strategie di impression management. Il fatto che gli individui siano capaci di esercitare controllo sul proprio stile di presentazione è un principio basilare di molte, se non tutte, le teorie del sé nell’interazione sociale. Consideriamo, ad esempio, le iniziali osservazioni di William James:

Un uomo ha tanti sé sociali quanti sono gli individui che lo conoscono e custodiscono una propria immagine di lui. Potremmo sostanzialmente affermare che egli ha tanti sé sociali quanti sono i diversi gruppi di persone delle cui opinioni egli tiene conto. Egli generalmente mostra una diversa immagine di sé a diversi gruppi sociali. Noi non ci mostriamo ai nostri figli così come ai nostri conoscenti, capi, collaboratori o intimi amici. Da ciò risulta una scissione dell’uomo in diversi sé; e questa potrebbe costituire una divisione discordante (James, 1890). Leggi il resto dell’articolo

PROPAGANDA

Giovedì 23 febbraio, in Viale del Campo Boario 4/A a Roma, si terrà una serata evento dal titolo Propaganda, mostra di artefatti digitali di Carlo Miccio.

Propaganda è una mostra che nasce dal bisogno di parlare di sentimenti alle masse in termini semplici e immediatamente comprensibili. Leggi il resto dell’articolo

La scena è viva, viva la scena

Alcune considerazioni su L’O di Roma, Il nome giusto, Palacinche, Gatto Mondadory e il telefonino fatato.

di Vanni Santoni

Tommaso Giartosio ha avuto per me la funzione di un Caronte della letteratura: ricordo bene, quando in un 2008 che appare già lontanissimo, mi intervistava per Fahrenheit di Radio 3. Parlavo del mio Gli interessi in comune con questo tipo dai capelli bianchi, gentilissimo, competentissimo, e avevo la sensazione che finalmente si iniziasse a fare sul serio: di avere, insomma, un piede nel mondo dei libri. Mi ha fatto quindi sommamente piacere ritrovarmelo vicino di casa presso Contromano di Laterza: il suo L’O di Roma – in tondo e senza fermarsi mai è uscito subito dopo il mio libro nella medesima collana e vi ho ritrovato anche una certa, sia pur involontaria, continuità formale: il mio itinerario attraverso Firenze è narrativamente circolare così come quello di Giartosio attraverso Roma è fattualmente circolare. Il libro segue infatti l’autore mentre, fissato un centro in piazza Venezia e un raggio di quasi due chilometri, traccia una circonferenza attraverso Roma e poi la attraversa con rigore a tratti folle, cercando di superare qualunque ostacolo, abitazioni private incluse, pur di non lasciare la linea immaginaria che ha stabilito. Leggi il resto dell’articolo

Montecitorio Wrestling Federation /2

[Episodio 1]

di Matteo Pascoletti

Il mantenimento della kayfabe riguarda ogni aspetto dello show. Sul ring l’arbitro è un attore esattamente come i wrestler, sebbene con compiti diversi. Oltre agli aspetti più ovvi del ruolo, ossia recitare la parte di un arbitro nella rappresentazione di una lotta, deve accentuare la drammaticità dell’incontro, ad esempio separando i due lottatori nelle fasi più concitate, oppure controllando che un wrestler colpito duramente al volto sia in grado di continuare lo scontro. Inoltre dà istruzioni ai due lottatori quando è abbastanza vicino da poter parlare senza essere notato dal pubblico, avvertendoli che l’incontro deve finire a breve. Il pubblico non deve accorgersi di nulla, altrimenti sarebbe compromessa la kayfabe, e con essa la qualità dello spettacolo: come se a un prestigiatore il coniglio cascasse per terra prima di essere misteriosamente tratto dal cilindro. Leggi il resto dell’articolo