EL MÁGICO, CHE SKIPPAVA THE LIGHT FANDANGO

E quindi niente: tiravano le corde delle chitarre, annodavano le nacchere al dito, schiarivano la voce, e poi skippavano the light fandango.

Io chiedo solo, a Di-i-i-i-i-i-i-ooooooooo
la salute, prima che il denaro
anche se potrò sembra-a-a-a-a-a-rgli-i-i-i-i
una specie di mendica-a-a-a-a-a-nte-e-e-e-e-e-e-e
che elemo-o-ò-o-si-i-i-na-a-a-a
un tozzo di pà-a-a-a-a-an-e-e-e-e.

Sai quand’è che smetti di skippare the light fandango? Non quando diventi vecchio, ma cosa c’entra!, skippi the light fandango anche se c’hai ottant’anni: smetti di skippare the light fandango quando dimentichi come si fa.

Jorge Alberto González Barillas era una mezza sorta di skippatore di light fandango patentato, uno che ce lo aveva nei cromosomi e se l’è sempre ricordato bene, come fare a non dimenticare: chiudeva gl’occhi e si godeva l’estasi del momento. Perché poi è questo che significa, skippare the light fandango.

Allo stesso modo José Monge Cruz, ogni riccio un capriccio ed ogni capriccio uno spruzzo di porpora, cespuglio rubescente su pellame opalescente, ricurvo, coi baffi biforcuti che sembrava un gamberone oceanico, uno di quelli che li peschi a largo dell’isola e gli strappi la testa a morsi.

José Monge, che solo pronunciarne il nome è tutt’un fiorire di ricordi di Paco de Lucia, Tomatine, Yo soy gitano, era il nome di battesimo di Camarón de la Isla, il più grande cantante di flamenco che la storia ispanica ricordi. Il gorgoglìo di prima è suo, per dire.

Quando Camarón e Jorge Alberto González Barillas s’aggiravano per le viuzze gaditane spazzate dallo scirocco che se non era scirocco era libeccio e se non era libeccio era mezzogiorno, ecco, ti veniva facile credere che Dio fosse riccioluto, profumoso di piriñaca ed avesse un gemello.

Dio, uno e bino, abitava a Cadice, verso la fine degli anni Ottanta, gorgheggiava nelle taverne con la voce di uno e trotterellava pei campi di calcio indossando le scarpette dell’altro.

Jorge Alberto González Barillas, per tutti, è sempre stato El Mágico, e lo chiameremo così anche noi, d’ora in poi. Sai cosa?: vàttene a El Salvador e chiedi alla gente per strada che ne pensa, del Mágico. Ti diranno che è uno dei valori culturali di base d’ogni buon salvadoregno, insieme alle pupusas, alle gemme di loroco, ai ‘fanculo gridati forte contro gl’honduregni.

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