“Valore estetico” e “valore espressivo”

Supponiamo di avere davanti un quadro. Innanzitutto diremo se è un “bel quadro” o un “brutto quadro”, se è “profondo” o “superficiale”, se è “ben eseguito” o “fatto male”, se è “emozionante” o “freddo” – non necessariamente in quest’ordine.

Ma cosa abbiamo considerato in queste fasi? Il “valore estetico” di un’opera, il suo “valore espressivo”, la sua forma o il suo contenuto?

Partiamo innanzitutto da un concetto filosofico: il concetto di estetica.

Fu il filosofo Alexander Gottlieb Baumgarten a creare la parola “estetica” nel ‘700 intendendola come quella parte della filosofia che esamina la conoscenza che ci perviene dai sensi.

L’estetica del quadro è quello che io provo dalla sua osservazione, sia in termini emotivi che in termini razionali, sia col cuore che con la mente.

Dunque, per estetica, bisogna intendere quello che l’osservazione di un’opera suscita in me.

Dovendo fare un esempio, pensiamo al senso di dramma che mi comunica un quadro di Caravaggio: è una forma di conoscenza che arriva a me dai sensi, è il dramma dal punto di vista di Caravaggio che io “conosco” non appena il mio “senso” della vista entra in contatto con un suo quadro; e più conosco il Caravaggio come uomo e come pittore, più sono in grado di apprezzarne anche intellettualmente le opere.

Di conseguenza, quando parliamo di “valore estetico”, dobbiamo riferirci alla capacità che l’opera ha di farci conoscere qualcosa attraverso i sensi: una bandiera rossa ci dice che andare in mare è pericoloso. Ma essa può esprimersi ai nostri sensi solo attraverso la sua esteriorità, la sua espressione; attraverso, appunto, il suo “valore espressivo”, cioè il colore della bandiera.

Per prima cosa è bene chiarire che non possiamo considerarli distintamente, soprattutto in ambito d’arti visive, perché a seconda di come rappresento una data cosa automaticamente trasmetterò una data sensazione.

Questo perché il “valore estetico” di un’opera è la sua capacità di trasmettere emozioni e idee attraverso la sua esteriorità, e il “valore espressivo” è la conformazione di questa esteriorità.

Facciamo un esempio. Di Caravaggio sono famosi soprattutto l’uso del chiaroscuro (valore espressivo) e la drammaticità (valore estetico): Caravaggio, infatti, riesce a conferire un senso di dramma a ogni suo quadro, anche di soggetto non necessariamente drammatico.

Come fa? La risposta è che, anche se il soggetto non è drammatico, il modo in cui viene rappresentato è drammatico, perché l’uso del chiaroscuro riesce a esprimere il pathos.

È, semplificando, come un semaforo: il semaforo (il soggetto) non cambia, ma – a seconda del colore che assume (valore espressivo) – cambia il suo significato (valore estetico).

Veniamo ora a forma e contenuto.

Se abbiamo detto che, a grandi linee, il “valore espressivo” è il modo in cui io rappresento qualcosa e il “valore estetico” è la sensazione che io traggo nel fruire un’opera, potrebbe scappare a qualcuno la seguente equazione: il valore estetico è il contenuto e il valore espressivo è la forma dell’opera.

Ma sarebbe una forzatura troppo inadatta e troppo grossolana per essere esatta: si può avere un’opera formalmente perfetta ma che non coinvolge o un’opera magari zoppicante ma emozionantissima; opere che si fanno ammirare per la loro concettualità senza scatenare sensazioni o opere semplici ma avvincenti. Spieghiamo il motivo attingendo dal solito Caravaggio.

Se prendiamo uno dei suoi “bacchini” osserveremo una caratteristica: anche se sorridono, o almeno non hanno il volto contratto nel dolore, riescono comunque a comunicare un senso di malattia.

Il colorito pallido e la presenza al loro fianco di un elemento – di solito un frutto bacato – che simboleggia l’incombere della morte, sono la metafora di quel dramma che è lo sfiorire della bellezza e il trascorrere del tempo.

La forma sta proprio nell’insieme armonico degli elementi, nella tecnica con cui è stato composto l’ensemble (decido di mettere la camicia piuttosto della maglietta, il pantalone piuttosto della gonna, le calze piuttosto dei collant, gli stivali piuttosto delle scarpe col tacco). Il valore estetico sta nella capacità di comunicare qualcosa attraverso i sensi (il vestito mi rende affascinante, mi rende misterioso, mi slancia, mi fa sembrare ricco, mi fa sembrare un uomo importante). Il contenuto riguarda il pensiero retrostante l’opera (che cosa volevo comunicare con quel vestito: eleganza, originalità, ribellione, rilassatezza, etc.). Infine il valore espressivo è il modo con cui ho combinato gli elementi dell’opera (la scelta dei colori dei vestiti, il loro taglio, la loro stoffa, etc.).

È come quando si legge una poesia: la poesia può anche suonare bene, rispettare le rime e le regole metriche, essere “razionalmente” perfetta, ma se parla di stupidaggini che non suscitano la mia emozione, rimane solo un gioco di stile. Similmente, una poesia che parla di un argomento molto emozionate o commovente, ma scritta male, non riuscirà a coinvolgermi, perché la sua forma non riesce ad assumere un grande valore espressivo.

Nella poesia – come in qualunque altra arte – ci dev’essere una perfezione formale (forma), un pensiero ispiratore (contenuto), una “potenza” (valore estetico) e una “bellezza” (valore espressivo): solo in questo caso, col concorrere di questi quattro elementi, si ha una grande opera d’arte.

Potremmo dire che il valore estetico è un flusso che va dall’opera all’osservatore: la carica emotiva del quadro si proietta in chi lo guarda e lo fa emozionare. Il valore espressivo, invece, va dall’osservatore all’opera: io osservo un quadro e sono in grado di apprezzarlo, grazie al mio senso estetico e alle mie conoscenze lo decifro e riesco a “capire cosa c’è dietro”.

Per intendersi: la forma è lo scheletro, il contenuto è il cervello, il valore espressivo è la bellezza del viso e del corpo, il valore estetico è il cuore.

Sempre in termini poetici: la forma è la metrica e la rima, il contenuto è quel che il poeta ha voluto dire, il valore espressivo è la bellezza della poesia e la sua capacità d’emozionare, il valore estetico è l’emozione che suscita e l’intensità con cui la suscita.

 

Antonio Romano

2 Responses to “Valore estetico” e “valore espressivo”

  1. daniela says:

    sei un grande!!!

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