E poi madri per sempre

E-POI-MADRI-PER-SEMPRE_copertina-FRONTPubblichiamo un breve estratto del libro E poi madri per sempre di Maria Grazia Giordano (Compagine Edizioni, 2012), nonché alcune riflessioni dell’autrice in risposta ad alcune nostre domande.

Monica

Potrebbe essere nostro figlio, potrebbe essere suo figlio. Potrebbe essere il figlio che abbiamo atteso con tutto il nostro amore.
Potrebbe essere un clandestino. Approdato con la violenza nel mio ventre. Non la sua violenza, ma quella degli eventi, al di fuori di lui, che lui ha subito come l’ho subita io.
Adesso altro non chiederebbe che di vivere, di avere la possibilità a cui tutti coloro che vengono al mondo avrebbero diritto. Invece del figlio dell’amore potrei portare in grembo un clandestino.

Non so se si ama il proprio figlio immediatamente, appena si sa che c’è.
Pensavo che sarebbe stato così. Pensavo che sarei stata traboccante d’amore e di felicità. Anche questo mi è stato sottratto. No non sottratto. Avvilito. Offeso. Come i miei abiti. Come il sentimento che ho di me. Non riesco a provare l’amore, la felicità che avrei avuto il diritto di provare. Quella felicità che ti travolge come un’onda e ti porta via. Ti travolge e ti porta via. Mi hanno assicurato che ci si sente addosso una felicità così. Una felicità che non puoi controllare, che non sai spiegare a parole. Ti travolge come un’onde e ti porta via.

Che cosa proverà Andrea? Che cosa proverà per un bambino che potrebbe non essere suo? Che cosa proverà se io stessa, che sono sua madre, non so che cosa sto provando. Sono sua madre. Io sono sua madre.
Io sono comunque sua madre.

A proposito del libro, l’autrice risponde

La mia non è stata una vera scelta. Io giro con carta e penna, sempre, appunto idee, impressioni, frasi, avevo queste: madri, storie che si erano sedimentate dentro me, colte da suggestioni lontane, solo una di queste storie è vera, una è la rilettura, riconoscibile e forse un po’ blasfema, del racconto evangelico dell’Annunciazione.
Raccontare alternando, intrecciando queste storie, all’inizio è stata una necessità emotiva, dopo una scelta narrativa.
Mentre scrivevo sentivo il bisogno di interrompere la scrittura per allontanarmene ed evitare di cadere in sentimentalismi facili e pericolosi, così passavo alla storia successiva. Mi è piaciuta la “forma” che il libro stava prendendo e ho continuato. Il romanzo si legge esattamente come è stato scritto.

Declinare un tema così forte e universale mi ha poi permesso di parlare di questioni importanti, controverse e su cui, troppo spesso, si assumono posizioni falsate da ideologismi e preconcetti.
Eutanasia, procreazione assistita, aborto, clandestinità sono temi su cui ognuno di noi dovrebbe interrogarsi onestamente e domandarsi, senza pregiudizi: “Come mi comporterei io se… se subissi violenza, se non potessi concepire un figlio, se fossi malato terminale, se…”
Questo è il motivo per cui ho scelto l’uso della prima persona e la narrazione è scarna di descrizioni: favorire il punto di vista interiore, perché io non posso e non voglio dare risposte, ma sollevare domande.

Il mio rapporto con l’editore è stato ed è ottimo.
Edizioni Compagine è una piccola e giovane casa editrice fondata nel 2011 da due giovani under 30.
Abbiamo lavorato bene, con grande entusiasmo e rispetto reciproco, con un proficuo scambio di idee e punti di vista “transgenerazionali”.
Le nostri differenti età si sono confrontate, in fase di editing, su alcune scelte che io avevo compiuto e che per loro non risultavano così chiare o significative. È stato un confronto prezioso e anche divertente.

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