L’inferno – I pendolari in metro

GIRONE II – I pendolari in metro

La cosa meno rassicurante per una persona è scendere da qualche parte. Scendere sempre di più e arrivare sotto. Sotto vuol dire stare più in basso, un valore negativo che porta ad una situazione di svantaggio nella nostra percezione del mondo.

Una fila interminabile di corpi scende da una scala mobile, poi da un’altra, poi un’altra, per arrivare sotto e partire, esplorare il mondo dei vermi sotto terra. Il tempo di abituarsi all’aria rarefatta e poi via sul veloce metro che ad ogni frenata fa volare scintille dal basso e dall’alto. La tensione dei cavi si limita a variare il minimo prestabilito, giusto per rendere il tutto poco stabile, ma mai instabile. La velocità e i sobbalzi rendono l’equilibrio precario, regalando giramenti di testa e conati di vomito che solo raramente avranno la possibilità di uscire allo scoperto per spargere quel po’ di noi che c’è rimasto attaccato alle budella. Le mani sudate scivolano sui pochi appigli ambiti da una moltitudine di persone. Le persone in eterno viaggio… sempre in cerca di qualcosa che le distolga dal lineare flusso di eventi, ma come al solito niente, solo altre fermate, sempre le stesse.

Persone che cercano di guardare tutti e pretendono di capire tutti, d’inquadrarli, diffidando di tutti per non sbagliare. Non un dialogo tra sconosciuti, nemmeno un semplice sorriso. Non sono ammesse espressioni costruttive, solamente sguardi arrabbiati, stravolti, sofferenti e sadici.

Gli inadattabili guardano schifati ogni diversità e appena pensano di vivere condizioni altrui così incredibili quanto disgustose fremono dalla paura, paura che tendono a reprimere con un odio paralizzato, di quelli che bruciano dentro e basta, senza venire mai a galla per “paura”. Codardi.

Questi simpatici personaggi si trovano sempre in prossimità delle porte, pronti a fuggire. Proprio nel momento dell’apertura vengono inondati dal grasso rancido degli ingranaggi delle porte e sono sbattuti in fondo al vagone assieme ai diversi. Ora, sotto gli sguardi delle persone per bene interpretano le parti del diverso.

Il diverso non è accettato, capito, e per questo è libero di fare quel che vuole. Solo lui sa che si può fare tutto. Basta essere sostenitori delle proprie individualità. Per fare questo ci vuole coraggio, il coraggio di fare quel che si vuole. Se ne fregano degli sguardi della gente stupidamente infastidita e forse solamente gelosa, gelosa di quel coraggio o di quell’indifferenza che li rende unici.

I diversi nel loro momento di grazia deciderano di scendere e ce la faranno, fin a quando saranno tutti giù ad aspettare di salire su un’altra vettura, ma nessuna carrozza sarà più pronta ad ospitarli. Pian piano tutti loro deruberanno gli altri stronzi dalla mente ristretta e assumeranno i loro panni per poi lottare e tenere fuori dal loro mondo i loro fantasmi. Spettri liberi e incuranti dell’opinione pubblica.

Daniele Vergni