In memoria e in oblio di S.T. – #TUS3
ottobre 22, 2013 6 commenti
Continua la rassegna dei testi letti a Torino Una Sega 3. Come già anticipato la scorsa settimana, ricordiamo che buona parte dei racconti letti a TUS3 saranno pubblicati sul prossimo numero di Riot Van in uscita a novembre, e a cui seguirà poi un’antologia completa in ebook. Sia la rivista che la raccolta digitale saranno in distribuzione gratuita.
Adesso spazio al racconto In memoria e in oblio di S.T. del subcomandante Gianluca Liguori, che ha portato come testo altrui un estratto da Lettera al padre di Kafka.
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Le scarse notizie che abbiamo sulla vita di Simone T. emergono dalla prefazione che l’autore stesso ha scritto per la sua unica pubblicazione, Palle scassate. Il libro è il primo titolo della misconosciuta e pirata casa editrice Bacheca Bianca che, a quanto risulta, non è stata mai registrata alla Camera di Commercio né iscritta alla Siae. Digitando su Google “bacheca bianca edizioni” o “casa editrice bacheca bianca” o ancora “pubblicazioni bacheca bianca”, si ottengono appena due risultati. Il primo rimanda all’articolo Teoria e tecnica di un tentativo fallito di rivoluzione, pubblicato il 15 agosto 2005 su manislavate.com, blog del giornalista palermitano, collaboratore della Nuova Sicilia e di Panorama, Saverio Rizzo. L’articolo, raggiungibile grazie alla tag “bacheca bianca”, si apre con l’epigrafe, dall’opera di Simone T.: «Se l’umanità acquisisse consapevolezza di essere soltanto di rado nel giusto, il peso dell’esistenza sulla Terra sarebbe sopportabile per ciascuno di noi.»
Il pezzo, che analizza il rapporto tra intellettuali e movimenti in seguito ai fatti del G8 di Genova, si chiude con un inconsueto post scriptum: «Ho dovuto chiudere i commenti a causa di due, permettete il francesismo, coglioni, che, un minuto dopo aver postato l’articolo, hanno approfittato di questo spazio democratico per offendere, calunniare e insultare la memoria di una persona a me cara, di grande spirito e coraggio, che purtroppo se ne è andata troppo presto. Sono certo che comprenderete i motivi di questa mia scelta.»
C’è ragione di credere che Rizzo si riferisca per l’appunto al nostro autore dalla misteriosa biografia.
La chiusura dei commenti è infatti citata, pur senza link, anche nel secondo collegamento indicato da Google: un post pubblicato il 12 marzo 2006 su lecittàinvivibili.blogtown.com e firmato dal nom de plume Natalino Calvino. I figli spirituali di Italo, nell’articolo Resistenza a mente armata, definiscono Simone T. un esempio puro e incontaminato di letterato militante. Vedono in lui un martire della dittatura del capitalismo, un profeta visionario di un mondo giusto e felice. Cito testualmente dalla seconda parte del post: «T. combatte contro le ipocrisie del sistema culturale opponendogli la forza della cultura, sfida i tiranni dell’ipocrisia chiudendosi nella sua stanza a scrivere, uscendo quando ha veramente qualcosa da dire e rivolgendosi al popolo. T. parla agli studenti di ogni età e grado, declama versi negli ospizi e negli ospedali, legge passi scelti dai suoi classici preferiti davanti ai supermercati e nelle aree riposo dei centri commerciali. E grida ai passanti: Abolite il denaro causa delle malvagità del mondo! Amatevi e rispettatevi senza risparmio per debellare sofferenza e solitudine! Fermate il massacro del bene, del bello e del giusto! Chi non legge non può essere umano!»
Nell’ultima parte infine si fa un accenno al ruolo di Simone T. come ispiratore metapolitico, sebbene inconsapevole, del progetto che ha reso Natalino Calvino il collettivo letterario più famoso dopo Wu Ming.
Natalino Calvino racconta di aver conosciuto l’autore di Palle scassate un pomeriggio di aprile del 2003, all’università. Quel pomeriggio Simone T. aveva improvvisato una lettura in cima alle scale della facoltà. Natalino rimase folgorato. Fu impressionato dal carisma di quel tizio, un ragazzotto alto e scheletrico: sul metro e novanta per meno di 70 chili, i capelli lunghi e ricci gli cadevano a risacca sulla schiena inondandola di un castano chiaro, quasi biondo; portava una barba secolare rossiccia e aveva giganteschi occhi verdi; le occhiaie tipiche di chi si droga molto e mangia e dorme poco. Natalino ascoltò soltanto gli ultimi due testi, ma lo convinsero ad avvicinare quel fattone pazzo che declamava con entusiasmo i suoi scritti; si presentò, scambiarono delle chiacchiere, poi invitò Simone T. alla riunione con alcuni suoi amici di facoltà intenzionati a metter su una rivista. L’appuntamento era fissato per l’indomani alle 18 al 32, in via dei Volsci. Fare riunioni costruttive, precisò, era il modo migliore per non ubriacarsi e drogarsi inutilmente. E poi, gli diceva, era importante riappropriarsi del proprio tempo, degli spazi. Ma Simone T. non partecipò a quella riunione, né a quelle che seguirono; quell’incontro risulta l’unica testimonianza diretta della reale esistenza dell’autore di Palle scassate.
Simone T. però, a quanto pare, era smemorato e beveva ogni giorno fino a stordirsi, come a dimenticare la sua vita man mano che vivesse. Con molta probabilità non ripensò a quell’incontro pomeridiano, né seppe mai di essere stato, per quei ragazzi di poco più giovani, un modello di ispirazione. Ma nessuno, tra i seguaci di Natalino Calvino, ha mostrato, contribuendo così alla sua scomparsa, interesse per la vita e il pensiero di Simone T..
Palle scassate è un oggetto narrativo ibrido: è pamphlet, è feuilleton, è invettiva. È strutturato come un racconto in tre parti, nella prima prende di mira scrittori, editori e critici, nella seconda politici e giudici, nell’ultima padroni e operai, disoccupati e studenti. Nella sua unica opera Simone T. riesce a dipingere un ritratto perfetto e sintetico della sua epoca. Nonostante però il lirismo dei passi migliori e la persistenza nel tempo della sua attualità, Palle scassate è ormai introvabile. Così come la casa editrice che l’ha prodotto. Nessuna traccia neanche degli altri due volumi, di cui conosciamo titolo e autore, in quanto segnalati, sotto la scritta DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE, a pagina 114 di Palle scassate. Si tratterebbe di Anatomia di una paranoia incandescente, di Dario Ballotta, e Il fischio del corpo celeste, di Alfonso Minervini.
Non si hanno ulteriori informazioni circa Simone T. fino alla pubblicazione, sul Domenicale del 6 marzo 2011, dell’articolo Il fortunato ritrovamento di un genio scomparso, firmato dal critico Gianfranco Pulcino. Tuttavia l’articolo, pur elogiando l’opera con toni entusiastici, è passato sotto silenzio e Palle scassate non ha destato l’interesse di alcun editore, malgrado la potente narrazione attorno alle circostanze fortuite del suo ritrovamento, di cui è lo stesso Pulcino a svelare i dettagli: «In alcuni momenti, nonostante il mio ferreo ateismo, arrivo a sospettare che possa esserci stato un qualche intervento di natura per così dire divina dietro il ritrovamento di Palle scassate. Avevo finalmente, dopo trent’anni di lavoro, comprato casa, e nei giorni del trasloco, abbandonata vicino al bidone della raccolta carta, trovai una cassetta in plastica, del tipo da mercato ortofrutticolo, piena di libri. Naturalmente la portai dentro e mi misi a spulciare. C’erano grandi capolavori, ma erano titoli già in mio possesso, riposti in ordine negli scatoloni pronti per essere sballati. Malgrado la delusione, non me ne potevo disfare: mio padre diceva che buttare libri dovrebbe essere punito con la pena capitale. Quindi presi uno straccio asciutto, una scatola, su cui scrissi a pennarello DA REGALARE, dentro cui riposi, previa meticolosa spolverata, uno per uno i sacri oggetti. Soltanto l’indomani mi accorsi, nascosta sul fondo della cassetta, della sbiadita e logora copia dello sconosciuto racconto di Simone T.»
A pagina 3 del libro, racconta ancora Pulcino, c’è la dedica, presumibilmente autografa, che recita:
A Silvia,
Vive la merde!
ST
Infine, conclude il critico, all’interno del volume, piegato in due, vi era il ritaglio di un articolo, da un Messaggero privo di data, in cui si dice di uno studente di ventisette anni, S.T., fuori sede e fuori corso, originario di un paesino della provincia di Caltanissetta, che, in via Malatesta, nel quartiere Prenestino, si era lanciato dalla finestra della sua stanza in affitto a quattrocento euro al mese, completamente nudo. Sulla pancia, con un pennarello rosso, si era scritto: “Ci ho provato, ho fatto la mia parte. Ma ne ho avuto abbastanza. Spettegolate come vi pare, ‘sticazzi. E ricordate: il nemico è invisibile, è invincibile”.
Con mani slavate applaudo
Mi inchino, Sua Canallegranza! Lei sa. 😀
GL
è più forte di me. devo colonnasonorizzare
e comunque gran racconto
Se solo fosse possibile avere il file mp3 di Liguori che legge la sua opera a TUS3 (in atteggiamento molto simile a quello che il critico attribuisce in chiusura a S.T.), il peso dell’esistenza sulla Terra sarebbe più sopportabile.