Se Foscolo non fosse… /2

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Ma non è solo questo, per cui divertiamoci un po’ a sezionare il signor Ortis.
Chi c’è in lui? Quanto del suo DNA è foscoliano e quanto no?
Ortis è un personaggio composito. In lui confluiscono almeno quattro grandi correnti:

1. le passioni e l’attaccamento ai valori di Amleto;
2. le sofferenze di Achille per Patroclo, di Andromaca e Priamo per Ettore, di Penelope per il lontano Odisseo;
3. i dilemmi e l’incomunicabilità di cui parla Sterne nel Viaggio sentimentale;
4. i dolori di Werther con cui Goethe inaugurò lo Sturm und Drang.

Mi spiego meglio.

Amleto, innanzitutto, è un personaggio con un grande concetto della giustizia e dell’amore: desidera una morte orribile per suo zio (desiderio legittimo visto che suo zio è un farabutto che gli ha ucciso il padre e ha sposato sua madre vedova per accaparrarsi il trono di Danimarca), ma si rammarica amaramente osservando il teschio del giullare di corte Yorick, a cui aveva voluto tanto bene. Anche Ortis è così: ricco di amore per il mondo, ma anche capace di ruggire e combattere contro i mali del mondo stesso.
Ma Ortis è anche molto simile ai personaggi omerici: affamati di patria, giustizia, serenità e irremovibili nei loro valori e nei loro sentimenti. Disposti a sacrificare le prime per i secondi.
E sempre Ortis soffre dell’incomunicabilità descritta nel Viaggio sentimentale. Incomunicabilità di cui Steme incolperà gli “hobby horse”, ossia gl’inevitabili interessi individuali che portano le persone alla ghettizzazione mentale e all’incomunicabilità. Gli hobby horse di Ortis sono l’amore per Teresa e l’autocommiserazione: a causa di queste due cose non riuscirà più a vedere le speranze e si suiciderà.
Ma alla fine riconosciamo che il peso maggiore l’ha avuto Werther: dallo stampo del personaggio di Jacopo Ortis fin quasi alla trama delle Ultime lettere. Werther s’innamora di una certa Carlotta, ma pure lei è già promessa a un uomo pacato e tranquillo di nome Alberto. Sapendo di non poterla avere, anche Werther la fa finita fingendo di dover partire per un breve viaggio.
Non bisogna, però, scordarsi dell’altro padre putativo di Ortis: Schiller.
Possiamo dire che costui fu il codificatore di tutti i personaggi idealisti dall’inizio dello Sturm und Drang alla fine del Romanticismo. Non per niente fu proprio Schiller a coniare il termine “naif” per definire la fusione fra l’uomo e la natura, ossia quell’armonia classica che si vagheggiava allora (oggi si usa naif come eufemismo di “rozzo” o per indicare un movimento pittorico franco-statunitense del ‘900; ma per Schiller era lo stato ottimale dell’uomo: privo di orpelli e snobismo, del tutto calato nella natura delle sue passioni). Il personaggio naif schilleriano più incisivo e somigliante a Ortis è proprio il Carlo Moor de I masnadieri. Questi è un uomo onesto che crede in certi valori ed è assillato da certi tormenti, colpito dalla malasorte crudele che gli strapperà gli affetti più cari e lo farà finire in carcere.
Questo è Jacopo Ortis (come Carlo Moor, Werther, Amleto e Achille): un uomo naif. Un puro.

Antonio Romano

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