L’economia come scienza umanistica /3
marzo 1, 2012 4 commenti
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IL COSTRUTTO DEL SELF-MONITORING
Il costrutto del self-monitoring, quindi, sintetizza concettualmente proprio l’esistenza di importanti differenze nel grado di controllo sull’appropriatezza situazionale di comportamenti verbali e non verbali (Snyder 1972, 1974), svelando, così, vere e proprie strategie di impression management. Risulterà più semplice descrivere la variabile attraverso la definizione del prototipo dell’individuo con un alto livello di self-monitoring (high self-monitor), nonché dell’individuo con basso livello di self-monitoring (low self-monitor). Il prototipo di un high self-monitor è espresso da chi, al di là di ciò che riguarda l’appropriatezza situazionale ed interpersonale del proprio comportamento sociale, si rivela particolarmente sensibile alla lettura dei comportamenti e delle espressioni altrui nelle situazioni sociali, usando questi stimoli come linee guida per monitorare (che significa regolare e controllare) il proprio comportamento verbale e non verbale. Gabrenya e Arkin (1980) hanno descritto gli individui high self-monitors come persone in possesso di cinque tendenze chiave. In primo luogo, gli high self-monitors avranno una forte consapevolezza del senso di appropriatezza comportamentale. In secondo luogo, essi mostreranno una maggiore attenzione al comportamento degli altri come stimolo per il proprio impression management. In terzo luogo, essi possiederanno una migliore abilità di modificare e controllare il proprio impression management. Quarto, essi useranno queste abilità in più circostanze. Infine essi esibiranno diversi comportamenti in differenti situazioni sociali. Per contro, il prototipo del low self-monitor non è di persona attenta alle informazioni sociali sul comportamento appropriato in differenti circostanze. Egli non ha sviluppato un certo repertorio di abilità nel proporsi. In questo caso, lo stile di presentazione ed il comportamento espressivo dei low self-monitors sembrano, in senso funzionale, essere controllati da loro intimi stati, attitudini e credenze (Snyder,1987) piuttosto che volti ad affrontare ogni situazione secondo modalità costruite (Snyder,1972,1974). I low self-monitors, quindi, paiono prendere a cuore le parole dette da Polonio a Laerte nell’Amleto di Shakespeare : «La tua intima essenza è la verità». Essi insistono nell’essere autentici senza preoccuparsi dell’incongruenza tra la proprie espressioni e le richieste sociali. Stiamo quindi asserendo che, in ogni situazione, l’individuo con alto punteggio nella scala del self-monitoring si chiede: «Questa situazione chi mi richiede di essere e come posso essere quella persona?» (Snyder 1979 ). Per contro, un individuo con un basso punteggio nella variabile si chiede: «Chi sono e come posso essere me stesso in questa situazione?» (Snyder 1979; Kilduff, Day 1994). Sembra interessante, a questo punto, riportare le parole di Mark Snyder nella descrizione di un personale “dietro le quinte” rivolto al costrutto del self-monitoring:
Venti anni fa, da studente laureato in psicologia, scoprii questa citazione dalle parole di W.H.Auden:
«L’immagine di me stesso che cerco di creare nella mia mente affinché io possa amarmi è molto diversa da quella che cerco di creare nella mente degli altri affinché essi mi amino.»
Perché, mi chiesi e continuo a chiedermi oggi, alcune persone hanno così tanto in comune con le questioni di Auden? Perché le persone sembrano vivere di illusione pubblica, sempre alla ricerca della creazione di immagini e di controllo sulle impressioni offerte di se stesse? Il fascino delle differenze tra realtà ed illusione, la dicotomia tra sostanza e superficie… mi coinvolsero nella scoperta delle modalità e delle cause di tali comportamenti deliberati… Le circostanze in cui gli orientamenti al self-monitoring risultarono evidenti si riferivano ad attività svolte da individui in organizzazioni particolarmente volte allo sviluppo professionale dei lavoratori. La ricerca ha esaminato le modalità con cui le persone scelgono occupazioni coerenti rispetto alle loro capacità di self-monitoring, le caratteristiche dell’influenza del self-monitoring sulle interviste di selezione nonché l’approccio dei low self-monitors e high self-monitors rispetto a questioni di job performance e job promotion. Da questi spunti nasce un nuovo potenziale decisionale maggiormente consapevole e pianificato sia per gli high self-monitors sia per i low self-monitors.
Malina Kendelthon
Ho esposto la questione al mercato del pesce e la signora dietro al bancone, dopo aver confabulato brevemente con le clienti, con queste precise parole ha espresso la sua opinione:— Noi che vendiamo merci al mercato apparteniamo, chi più chi meno, alla categoria high self-monitors, che nel dialetto locale si traduce con “Minchia i clienti che dobbiamo sopportare”. Le altre categorie, quelle che stanno dietro al nostro bancone, ce ne frega assai di che classe sono, però un’idea ce la facciamo e da quella decidiamo che cresta fare sul peso… 😀
Una differenza basilare tra astuti/maliziosi/etc… e fessi? al mercato del pesce probabilmente si, forse nel commercio in generale… e penso semplicmente perchè l’etica non è una variabile di studio di MK …”mi sembra di capire” dalla lettura di questi spezzoni di ricerca di psicometria economica. Personalmente ritengo che all’introdursi delle variabili “etica” e “morale” il discorso cambi di molto e di conseguenza le prespospettive del tutto in questo caso.
I gradi dell’intelligenza, che è anche sensibilità, con le loro sfumature sono innumerevoli. Si può dire che sono tanti quanti sono gli individui. Il voler stabilire di questi due categorie che siano generalmente applicabili è modalità tipica della mentalità sistematica che vuole dare spiegazioni incasellando una realtà che le sfugge completamente. Così facendo, questa mentalità ristretta, confina se stessa nella categoria low self-monitors… 😀
E sono indulgente a farlo semplicemente notare, senza volermi accanire contro l’assenza di intelligenza di chi afferma cose così prive di senso.
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