Tre poesie di Franz Krauspenhaar

Franz Krauspenhaar
Ministro della sera

Ministro della sera, incarico il cielo rosso
di farmi sognare. Nella mia cella in città,
senza soldi, amore, nemmeno in odio
a dio o ai suoi pagani sostituti, [gente
che per gli spiccioli si fa mito moderno]
io guardo le nuvole ferme come statico
calcestruzzo. È l’età di questo motore
di costruzione, e salgono i grattacieli
sulle tombe di quelli che furono erosi,
col colpo degli aerei e il veleno della pazzia.
Sono il ministro della sera, all’estate
sostituirò l’autunno, governerò ogni giorno
di meno, fino a sciogliermi la neve dai polsi. Leggi il resto dell’articolo

Potere alle storie – Liguori intervista Santoni

di Gianluca Liguori

Ho incrociato per la prima volta Vanni Santoni su myspace, era il 2008: incollava con costanza impressionante l’immagine di copertina e lo spottino de Gli interessi in comune su ogni bacheca; spuntava dappertutto.
Dopo esserci scambiati qualche mail e partecipato a un’antologia insieme, ci conoscemmo di persona, l’aprile dell’anno successivo, a una presentazione de Gli interessi in una libreria a San Lorenzo. Lo invitai – quella stessa sera avevamo un reading al Simposio – a venire a leggere un paio di brani insieme a noi. Così, dopo un kebab dal Sultano, Santoni e le sue storie conquistarono il pubblico di Scrittori precari. Quello che più lo sorprese fu la capacità di quattro autori sconosciuti di organizzare reading seguiti da un pubblico attento di trenta-quaranta persone; a Firenze, disse, era una cosa impensabile. Si finì, dopo la lettura, a tirar mattina, pub dopo pub, cercandone uno nuovo man mano che chiudevano, mentre si chiacchierava di New Italian Epic e Wu Ming, Saviano e Cosentino, blog e romanzi e scrittori e letteratura. Da allora, ogniqualvolta gli era possibile, Vanni era presente ai nostri reading. E così, quando Dimitri ideò Trauma cronico, lo volle nella banda, malgrado poi abbia potuto prendere parte soltanto a due performance. In questi anni di reciproche letture e continuo scambio di idee, oltre alle numerose collaborazioni, è venuto a crearsi anche un bel rapporto d’amicizia. E dal momento che i tipi di Tunué gli hanno affidato una nuova collana di narrativa italiana, ne approfitto per fare – in questo ultimo post del 2013 – una chiacchierata con lui per i lettori del nostro blog.

GL: Ciao Vanni, a che punto è la tua clonazione? Scrivi sul tuo blog che stai lavorando a tre romanzi, ad aprile esce il romanzo SIC e scrivi sul Corriere Fiorentino, su Orwell e su numerosi blog (SP, NI, MM). Quando dormi? Leggi il resto dell’articolo

Appunti biodegradabili dalla terra della fantasia – 10

Ricordate il mal di denti di Mal di Libri? Il responso del dentista è stato netto: via i denti del giudizio, e anche con una certa fretta: sono bombe pronte a esplodere. Che poi, dei quattro, ne era uscito solo uno; gli altri son rimasti sotto, ce n’è uno, terribile, che è addirittura in orizzontale sotto la gengiva. Tre giorni fa ho tolto il primo e dopo due giorni difficili oggi sto un po’ meglio, ma la mia esperienza è in netto contrasto col detto “via il dente, via il dolore”: il dolore vero Leggi il resto dell’articolo

Appunti biodegradabili dalla terra della fantasia – 7

Questa settimana sarò brevissimo. Sono stato molto impegnato con altre scritture e letture e non ho trovato il tempo per dedicarmi alla rubrica. Ma in compenso, domani, in anteprima su Scrittori precari, troverete un estratto dal nuovo libro del papà di Lankelot, Gianfranco Franchi, che dopo Monteverde torna nelle librerie con L’arte del Piano B. Domani ne saprete di più e potrete leggerne l’estratto inesclusiva per i nostri lettori. Restando al blog, lunedì torna Nacci con La società dello spettacaaargh!, martedì tocca a ContraSens, il nuovo appuntamento quindicinale con la letteratura rumena tradotta da Clara Mitola, mercoledì Antonio Romano e il Manuale per perfetti gasteropodi, giovedì non ve lo dico, venerdì Carta taglia forbice di Marco Lupo, che ieri ha battezzato su TerraNullius la rubrica Mai morti, una delle tante novità del nuovo TerraNullius. E poi, su Nazione Indiana potete leggere un estratto di Se fossi fuoco, arderei Firenze di Vanni Santoni, recensito da Simone Ghelli la scorsa settimana. Insomma, non vi mancano le letture. In bacheca, non dimenticate, tenete d’occhio gli appuntamenti dal vivo, questa settimana ci trovate pure in giro.

Gianluca Liguori

TQ, niente di nuovo sul fronte occidentale

«[…] in Italia gli intellettuali sono lontani dal popolo, […] e sono invece legati a una tradizione di casta, che non è mai stata rotta da un forte movimento popolare o nazionale dal basso: la tradizione è libresca e astratta e l’intellettuale tipico moderno si sente più legato ad Annibal Caro o a Ippolito Pindemonte che a un contadino pugliese o siciliano»

Antonio Gramsci

1.

È dall’uscita di New Italian Epic nel 2008, poi pubblicato da Einaudi Stile Libero nel 2009, che ci si domanda quale possa essere la via da percorrere per fare buona letteratura per l’Italia del nuovo millennio, o come riportare questa a un ampio numero di persone. Ciò, come è logico, è un problema che si pongono in particolar modo gli addetti ai lavori e chi i libri li ama. Ed è proprio nel memorandum dei Wu Ming che, ancora una volta, l’obiettivo viene centrato abbastanza bene. Almeno rispetto a quanto si legge sui Manifesti TQ, pubblicati sul loro blog e poi rilanciati da Nazione Indiana, che segnano, sotto certi punti di vista, un passo indietro Leggi il resto dell’articolo

Atti impuri: da solo o in compagnia

Non so voi, ma io adoro guardare le persone che leggono libri mentre camminano. Questi lettori deambulanti, ogni volta che li incontro, resto a fissarli, spesso con l’intento di scoprire il titolo del libro che li ha rapiti a tal punto da non fargli badare al rischio di sbattere addosso a qualcuno o di pestare una merda. Una volta ne ho conosciuto uno, si chiamava Biagio e faceva la spesa al discount dove lavoravo. Comprava sempre l’aranciata economica e le scatolette di cibo per gatti, di rado altro. Ogni volta che veniva a fare la spesa, Biagio aveva tra le mani un libro diverso; gli ho visto leggere Bradbury, Burroughs, Ballard, oppure Miller, Dick, Orwell, e ancora Saramago, Nietzsche, Joyce, e tanti altri romanzi, di quelli che, quando li leggi, pensi: “Ecco a cosa serve, vivere!”. Leggi il resto dell’articolo

Trauma cronico – Dalla rivolta alla rivoltella

Ho come dei crampi allo stomaco, gli occhi arrossati di lacrime, una rabbia che mi contorce le budella e rende amare le sigarette che fumo mentre batto i tasti di una tastiera, l’unica speranza che mi resta per condividere questo malessere che brucia dentro come ferite, viscerali, che mi lacerano pezzi d’anima, che umiliano il mio essere umano.

Ieri, verso ora di pranzo, ero nella mia auto, bloccato nel traffico capitolino di un sabato come tanti, e ascoltavo Radio Popolare Roma, dove in collegamento da Rosarno, gli intervistati ripetevano una canzone sentita, che spiega poi tutto: “qui da noi la mafia non c’è”.

Come ha detto Roberto Saviano:

Siamo figli di un popolo strano. Pasolini diceva:

Provo grande dolore per le vessazioni quotidiane che subiscono i tanti fratelli africani, questi schiavi dell’epoca nuova. Non riesco ad andare avanti, preferisco lasciarvi un percorso di lettura per approfondire la questione. Vi invito a diffondere e far circolare, quanto potete e come potete.

Qui, Marco Rovelli, su Nazione Indiana, pubblica un estratto da Servi.

Sempre su Nazione Indiana, c’è questo articolo di Biagio Simonetta.

Su MicroMega segnalo questo articolo di Alessandro Dal Lago, e questo di Saviano.

Infine, per concludere, su L’Antefatto, questo articolo di Enrico Fierro.

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Io sto male, ho come dei crampi allo stomaco, gli occhi arrossati di lacrime, una rabbia che mi contorce le budella.

Gianluca Liguori

Precari all’erta! – Internet e letteratura

Per continuare coi rapporti tra internet e carta stampata, oggi vorrei focalizzarmi su un articolo uscito sul Corriere della Sera di giovedì primo ottobre, che riflette sull’influenza di internet sulla letteratura contemporanea, ricollegandosi in parte anche a un precedente articolo dello stesso Giuseppe Genna uscito il primo agosto su Milano Finanza.
Riassumendo, si può dire che in questo pezzo emergono due posizioni affatto nuove e apparentemente agli antipodi: da una parte quella che viene definita la vulgata degli “integrati”, rappresentata per l’occasione da Genna, e dall’altra quella degli “apocalittici” come Antonio Moresco. I primi sarebbero quelli che ripongono molta fiducia nel mezzo, nelle sue possibilità di rivoluzionare il linguaggio ed i suoi modi di fruizione, mentre i secondi apparterrebbero invece alla specie degli scettici che non si fidano della democrazia del web, che anziché rivoluzionare i linguaggi tenderebbe piuttosto a favorire il riciclaggio e la clonazione di quelli già esistenti.
La mia opinione è che entrambi i punti di vista siano condivisibili e che la loro inconciliabilità dipenda dal fatto che tendono a rimarcare, estremizzandoli, i possibili effetti (ancora tutti da dimostrare) del web sulle forme di scrittura (e non mi limiterei a considerare la sola letteratura).
Forse l’inconciliabilità di fondo tra le due visioni è piuttosto il risultato di un problema di metodo, poiché nell’articolo in oggetto mi sembra che si tenda a sovrapporre piani tra loro diversi: insomma, la letteratura e il panorama letterario sono due cose diverse, così come bisognerebbe chiarirsi sul significato specifico da dare alla parola linguaggio, che mi pare tenda qui a confondersi con la lingua e lo stile. Ecco perché i due discorsi apparentemente antitetici potrebbero in qualche modo ritrovarsi su un piano comune: Genna parla di spazi di discussione alternativi, mentre quello di Moresco è un discorso sulle forme; si discute sempre di web e scrittura, ma in due accezioni completamente diverse.
Il minimo comun denominatore delle due posizioni sta a mio parere nella stretta interdipendenza tra natura del mezzo e produzione di linguaggi, poiché se da una parte il web dà la possibilità di moltiplicare gli spazi di discussione, e dunque di allargare potenzialmente la sfera del sapere e il numero delle persone che vi possono partecipare attivamente (permettendo anche la nascita di quella nuova critica militante di cui parla Dario Voltolini alla fine dell’articolo), dall’altra esso può effettivamente favorire la diffusione di forme di scrittura più facilmente “normalizzabili”.
Per questo io sarei più portato a usare il termine scrittura (o ancor meglio scritture) in luogo di letteratura. Da un punto di vista strettamente stilistico il web può infatti essere un’ottima palestra di scrittura, di confronto (laddove vi sia però sempre un’adeguata attività “promozionale”, che permetta al blogger di turno di avere visibilità e dunque feedback), ma la sua influenza sulla letteratura (intesa come corpus di opere riconosciute da critica e pubblico) mi sembra si limiti per adesso ad alcuni sporadici casi “di tendenza”. Sicuramente il web influirà sulla velocità di scrittura, così come accade con gli sms dei telefonini, ma bisognerà capire quali sono gli effetti di queste modalità (che per molti è barbarie e perdita della lingua) quando precipitano fuori della rete (del mezzo specifico).
Mi sembrerebbe invece più prolifico un discorso sulle dinamiche della scrittura collettiva (le scritture – penso ad esempio all’esperimento del SIC o ai collettivi come Luther Blisset e Wu Ming), dove il mezzo in-forma realmente un modo di fare letteratura autonoma e originale, a differenza dell’esempio del blog che si riversa sulla pagina, che per quanto rappresenti una forma di letteratura direttamente derivata da internet, si presenta molto simile per dinamiche e struttura alla precedente produzione diaristica.